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Quartiere Gratosoglio

Anno: 1963 - 1971

Località: Milano, Gratosoglio Ticinello

Indirizzo: vie Saponaro, via Baroni

Destinazione d'uso: Quartiere residenziale

Progettista: BBPR

Tra l’inizio degli anni Sessanta e i primi anni Settanta del Novecento lo IACP realizza quattro grandi interventi residenziali – Chiesa Rossa, Gratosoglio, Rozzano, Missaglia – localizzati nell’estrema periferia Sud della città e attestati lungo la direttrice di viale Missaglia, antico percorso per Pavia, antecedente al Naviglio Pavese, trasformato in strada urbana di scorrimento. Il rapporto tra la città e tali insediamenti è basato sulla logica del “quartiere autosufficiente”; essi formano infatti dei nuclei di espansione verso sud, isolati dalla città, a cui più tardi si accosteranno ulteriori espansioni di iniziativa privata che non riusciranno mai però a dare un carattere unitario allo spazio urbano.

 

Il Gratosoglio è uno dei quartieri più periferici e di maggiori dimensioni (15.000 abitanti). Programmato nell’ambito del PEEP del 1962 fu progettato dallo studio BBPR in due fasi: un primo masterplan prevedeva edifici a lama alti 60 metri disposti in modo da formare delle quinte analoghe a dei redénts. Questo progetto aspirava a raggiungere un rapporto rigoroso tra costruito e forma dello spazio aperto, perseguendo una concezione dello spazio urbano con una chiara impronta razionalista. Il progetto definitivo è invece articolato in due tipi insediativi: un nucleo di otto edifici a torre alti 56 metri, situato al centro del quartiere e attestato su viale Missaglia; un sistema di edifici in linea, collocati a corona attorno a tale nucleo, disposti secondo un orientamento diagonale e alternato rispetto a viale Missaglia. La figura complessiva del quartiere risulta fortemente caratterizzata dalle torri che nel territorio circostante risultano dei landmarks che marcano l’ingresso alla città. Meno convincente risulta invece la sequenza di vedute incanalate in obliquo determinata dagli edifici a lama anche se essi conformano lo spazio con un grado accettabile di ordine. Gli edifici a lama furono realizzati con un sistema di prefabbricazione pesante (sistema Coignet nella parte sud e Italcamus in quella nord). I vincoli costruttivi  furono perciò molto rigidi: ogni edificio risultava composto da un blocco formato da corpo scala che distribuisce due alloggi (soggiorno e stanze verso una facciata, servizi dalla parte opposta) con nessuna possibilità di variazione. Tale rigidità si riflette inevitabilmente sull’impaginato delle facciate.

 

Le torri progettate direttamente dallo studio BBPR sono l’episodio architettonico più significativo. Il rapporto con la strada è mediato da un basamento che contiene alcuni dei servizi del quartiere. Il sistema strutturale è costituito da un nocciolo centrale e da un involucro perimetrale resistente in elementi prefabbricati in CLS. Il primo centrale contiene ascensori, scale, montacarichi e sistema distributivo; attorno ad esso si sviluppano i blocchi quadrangolari degli alloggi la cui disposizione configura un impianto “polilobato” che conferisce un certo dinamismo al volume architettonico. L’assenza di pilastri aumenta le possibilità di articolazione dello spazio interno mentre il volume architettonico è reso plastico dall’alternarsi di pieni e vuoti dovuti all’incastro dei balconi, interpretati come piccoli prismi in muratura sospesi nel vuoto.

 

Marco Lucchini