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La sede del Gruppo Mondadori

Anno: 1968 - 1975

Località: Segrate, Sud

Indirizzo: via Mondadori 1

Destinazione d'uso: Edifici per uffici

Progettista: Oscar Niemeyer

«Due sequenze dal ritmo sincopato di archi parabolici in cemento armato sostengono un solaio al quale è appeso il prisma vetrato degli uffici: al rigore geometrico dell’edificio principale si contrappongono le forme libere delle costruzioni annesse che emergono dall’acqua. Il palazzo Mondatori si attesta come approdo risolutivo dell’attività progettuale di Oscar Nemeyer. Dopo aver configurato edifici nei quali la tensione formale prevarica spesso la misura della logica costruttiva, a Segrate l’architetto brasiliano perviene alla perfetta coincidenza tra forma e struttura».

In un ampio terreno a est dell’impianto dell’idroscalo, a sud della fascia ferroviaria, e a ovest dell’area in cui stava sorgendo il quartiere Milano San Felice, nel territorio comunale già di Segrate, si erge il Mondadori Headquarters, inconfondibile e spettacolare fabbrica isolata nel paesaggio. L’edificio è l’esito di una vicenda che si dipana tra il 1960, anno in cui Arnoldo Mondatori e il figlio Giorgio iniziano a pensare a una nuova sede per la casa editrice, e il 1975, quando gli edifici si trasferiscono qui. L’inadeguatezza dei vecchi uffici in centro a Milano, in via Bianca di Savoia, e la difficoltà di provvedere all’ampliamento di quella sede, persuadono gli editori a trovare strategie alternative. Dopo alcune ipotesi di progetto, nel 1967 la svolta: l’incontro di Giorgio Mondatori con l’architettura di Oscar Niemeyer. L’occasione è un viaggio in Sudamerica, durante il quale il Palazzo Itamaraty (che ospita il Ministero degli Affari Esteri, 1962-1964) a Brasilia colpisce l’immaginazione dell’editore italiano. Seguono poi, contemporaneamente, le trattative per l’acquisto di lotti contigui nel comune di Segrate (il cui Piano prevedeva qui insediamenti terziari) e l’incarico al maestro Brasiliano per la nuova sede. Dopo una prima ipotesi che prevedeva due corpi curvilinei, il progetto definitivo prevede un unico grande corpo di fabbrica dalla geometria regolare e rigida per gli uffici, e in contrappunto un sistema di elementi più bassi accessori di pianta organica e figurazione sinuosa. A far propendere per questa nuova soluzione, probabilmente, è la committenza che attendeva un  D’altra parte «la contrapposizione dialettica tra un organismo eminente e un corpo basso, soggetto a geometrie generative diverse, è in effetti ricorrente nell’azione di Niemeyer». Elemento comune tra le due versioni è la attentissima sistemazione delle parti aperte, connotate dal un grande specchio d’acqua.

L’edificio viene costruito a partire dal 1970, con alcune varianti in corso d’opera. Lo stretto rapporto con il modello preso a riferimento – il palazzo Itamaraty – si esprime soprattutto nella maglia strutturale, qui però ancora più ardita e fantasiosa. Alla purezza del prisma vetrato degli uffici fa infatti da contro canto l’interasse variabile dei pilastri rastremati.

Ingegnoso, originale ed espressivo il sistema statico: «i portali in cemento armato corrispondenti a ogni coppia di pilastri (le facciate sono infatti speculari) reggono due travi trasversali rettilinee, a cui sono agganciati i 56 tiranti che sostengono il corpo librato, ridotto da sei a cinque piani, l’ultimo dei quali, in origine vuoto e separato dalla copertura, viene destinato agli uffici della dirigenza. Lo stacco tra scocca e corpo sospeso viene mantenuto grazie all’arretramento del perimetro vetrato rispetto al profilo di facciata».

Negli interni, flessibilità degli spazi e varietà delle soluzioni spaziali sono assicurate sia dalla struttura open space, modulabile attraverso pareti mobili, sia dalla scelta di materiali, luci e colori, scongiurando così il rischio di serialità, monotonia e indifferenza degli ambienti. La definizione degli spazi aperti concorre organicamente alla carica suggestiva del luogo. In particolare, il laghetto artificiale (circa 20.000 metri quadri) specchia l’architettura e lavora come elemento connettivo delle varie parti, provvedendo anche all’efficienza del sistema degli impianti grazie alla funzione di raccolta delle acque del condizionatore. Il giardino (190.000 metri quadri) è affidato a un paesaggista raffinato e di grande esperienza come il toscano Pietro Porcinai , che ne cura il disegno e la scelta delle essenze.

La grande scultura di Arnaldo Pomodoro - la Colonna dai grandi fogli - contribuisce alla definizione di un ambiente altamente evocativo e di un’atmosfera metafisica. Il recupero della vicina Cascina Tregarezzo  - interessante progetto di restauro e ampliamento a cura dello studio dell’architetto alto-atesino Werner Tscholl   - ha consentito nel 2007 un potenziamento della sede in diretto collegamento con l’Headquarters.

LAURA MONTEDORO