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Condominio XXI Aprile

Anno: 1950 - 1953

Località: Milano, Duomo

Indirizzo: via Lanzone 4

Destinazione d'uso: Edifici per residenze ed uffici

Progettista: M. Asnago, C. Vender

Frutto di una fitta serie di studi e varianti, dovuti alle richieste della committenza, della Soprintendenza e del Comune, il Condominio XXI Aprile sorge in un’area di grande valore monumentale al posto di un palazzo distrutto dai bombardamenti. Il corpo  minore, in marmo Perlino, è un volume nitido, allineato alla strada, ritmato dalle aperture alte e strette.  Nella partitura gli architetti introducono, come già nei palazzi di via Albricci, una smagliatura nel passo tra due colonne di finestre, bilanciata da due bucature sul parapetto dal lato opposto. Il blocco interno, perpendicolare al primo e ben più alto, presenta una stratificazione che corrisponde alla sovrapposizione delle abitazioni dei dirigenti agli uffici della Società Ferrotubi. In contrapposizione al blocco su strada, i piani superiori sono rivestiti in marmo e il basamento il clinker color sabbia. Gli appartamenti, di ampie dimensioni, hanno la zona giorno rivolta a ovest, in corrispondenza delle finestre a nastro, chiuse da un doppio serramento (quello esterno a bilico in alluminio, quello interno a scorrere in rovere) che definisce una fascia che ha la funzione di serra per i fiori. Gli uffici hanno finestre in altezza, secondo uno schema che viene ribaltato nel prospetto più corto, dove sono le abitazioni ad avere finestre verticali e gli uffici ad avere finestre a nastro.



Al settimo piano si trova un appartamento ad uso foresteria, accanto alla villa sovrapposta del settimo e ottavo piano, destinato al presidente della società.
Grande attenzione viene dedicata alla dotazione di impianti: il riscaldamento è a pannelli a soffitto; il condizionamento è autonomo; la rampa dei garage è riscaldata in caso di neve; l’autorimessa comprende l’autolavaggio e l’officina. Lo spostamento dell’ingresso sul fronte laterale conferma la funzione di puro raccordo con la scala dell’adiacente palazzo cinquecentesco riservata al volume anteriore. Nell’atrio, segnato da una pensilina aggettante e una vasca d’acqua, si apre un interno di grande luminosità, su due livelli, pavimentato in marmo verde Issorie, con pareti in quarzite a spacco e pilastri rivestiti in marmo bianco. È proprio nei fronti verso il giardino che l’architettura di Asnago e Vender si dispiega con libertà plastica e compositiva, a partire da una leggera torsione dei piani superiori, sensibile alla presenza del giardino, senza mai superare quella misura che è la loro cifra progettuale, in contrapposizione alla esuberanza formale della scuola romana, e di Luigi Moretti in particolare.

 

Paolo Brambilla