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Grattacielo Pirelli

Anno: 1952 - 1961

Località: Milano, Centrale

Indirizzo: P.za Duca D'Aosta 3

Destinazione d'uso: Edifici per uffici

Progettista: Gio Ponti, A. Fornaroli, A. Rosselli, con Valtolina, Dell'Orto

Inaugurato il 4 aprile 1960 su un lotto in origine occupato da stabilimenti dell’azienda distrutti dai bombardamenti del 1943, il grattacielo Pirelli, con i suoi 127 metri, è stato per anni una delle più alte strutture in cemento armato d’Europa. Analogamente alla sede Montecatini, il processo compositivo del Pirelli è impostato sul modulo dello spazio di lavoro, coincidente con un quadrato di 95 x 95 cm. Gli stereometrici volumi della Montecatini, dal raggelato e ambiguo rivestimento marmoreo, mutano però in una superficie sfaccettata, in cui l’ambivalenza del tamponamento è accentuata dall’adozione del curtain wall.

 

Nella necessità di irrigidire la struttura portante, due fasce laterali opache rivestite a mosaico ceramico si contrappongono al tamponamento vetrato. Mentre le sperimentazioni effettuate da Danusso e Nervi, direttamente su modelli in scala  presso il laboratorio Prove e Modelli del Politecnico, portano alla configurazione dei quattro pilastri portanti. L’andamento rastremato di questi elementi cavi, larghi 2 mt alla base e 50 cm alla sommità, diventa uno dei principali motivi di caratterizzazione formale dei fronti. E denuncia, seppur sottilmente, una fondamentale differenza rispetto alla tipologia del grattacielo che si andava consolidando in quegli anni grazie alla vulgata internazionalista: in questo caso non ci troviamo di fronte ad un corpo teoricamente espandibile all’infinito grazie all’iterazione del piano tipo, ma siamo in presenza di un volume chiuso. Dunque un’architettura finita, immodificabile, risultato di un processo ideativo che, cristallizzatosi nell’esatto punto di equilibrio tra forma e funzione, realizza il sogno pontiano della perfezione diamantina. Un effetto accentuato dalla giustapposizione del coronamento sospeso, la esile soletta in cemento armato paragonata da Ponti ad un’aureola. Il curtain wall, nella variazione della trama dei montanti in alluminio, denuncia inoltre la presenza all’ultimo piano dello spazio-belvedere sospeso sulla città, la cui configurazione originaria, compromessa dai recenti lavori, prevedeva uno spazio permeabile verso il cielo.

 

Il volume costituito dalle slanciate e sottili lame rastremate ha le sue radici in un basamento formato da un piano interrato, contenente gli impianti e gli ambienti di servizio, a cui si accede dall’ingresso carrabile e uno seminterrato che ospita l’auditorium. Esternamente questo corpo è articolato da una piattaforma inclinata, che da piazza Duca d’Aosta conduce all’accesso principale situato a quota + 3,60 mt. L’ingombro minimo degli elementi portanti consente una notevole libertà planimetrica del piano tipo. Le pareti mobili garantiscono la massima flessibilità e un attento uso di variazioni cromatiche sottolinea le diverse gerarchie degli spazi rimarcando continuità e discontinuità. Gli elementi di distribuzione sono accuratamente studiati: i corridoi di spina rastremati verso le estremità dove le due “valve” si sfiorano senza toccarsi, gli ascensori in posizione baricentrica, le scale di sicurezza agli estremi, in corrispondenza dei “dannati balconcini” esterni, che Ponti rimproverò a Nervi di avergli imposto per ragioni statiche. Un elemento, questo della fenditura verticale mediana, che di notte consente di apprezzare quegli effetti luministici che Ponti indicava come dato imprescindibile dell’architettura moderna.

 

Federico Ferrari