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Settimana del 7 giugno 2008

Il 14.06.2008

Rassegna stampa dei principali quotidiani nazionali e del sito Archiworld, relativa agli articoli di interesse per Milano e Provincia. Primo piano: Studi di Architettura porte aperte.

La Repubblica
08-06-08, pagina 4 sezione MILANO
Expo, l' ultimo piano del Comune I nuovi alberghi diventeranno case
GIUSEPPINA PIANO

Nuovi alberghi da costruire per reggere ai 29 milioni di visitatori previsti nei sei mesi dell' Expo. Ma anche nuovi alberghi da «convertire» in case, dopo che l' Esposizione chiuderà e quei picchi di turisti diventeranno un ricordo. è l' ultima promessa del Comune per il 2015, «un modo per far sì che Expo diventi anche una leva per rispondere al bisogno storico di residenza nella nostra città», per dirla con l' assessore all' Urbanistica Carlo Masseroli. Mentre Giulia Maria Crespi del Fai insiste sul rischio che cantieri e appetiti immobiliari si portano dietro: «Il verde a Milano è in pericolo». Expo, cemento, bisogni della città. Se ne è parlato, ieri, in uno dei tanti convegni del Festival internazionale dell' ambiente. Da una parte l' assessore Masseroli a dire di un evento come volano di sviluppo. Dall' altra, i rischi che l' evento si porta dietro, a partire dal progetto per chiudere l' ippodromo a San Siro e farci un parco, ma anche case. La presidente del Fai Crespi mette anche in fila i nuovi progetti urbanistici in corso e segnala il pericolo: «è inutile dire che avremo più verde facendo la somma delle aiuole e dei terrazzi alberati: sarà sempre un verde in mezzo alle case». L' assessore Masseroli non ci sta. Sul trasloco dell' ippodromo insiste che così si potrebbe «restituire alla città, con un parco, un' area oggi chiusa». E scandisce: «Credo che Milano sia matura per discutere di questo tema senza tabù». è un nuovo sigillo al fatto che la trattativa per il trasferimento dell' ippica tra Comune e proprietà, la Snai, va avanti. Altro capitolo, le case come eredità del grande evento. «In Italia servono tre milioni di case e soltanto gli irresponsabili non colgono questa situazione di allarme», dice l' architetto Massimiliano Fuksas. In Comune sono convinti che l' Expo può dare una mano. Candidandos, Milano ha assicurato un' offerta di 500mila posti-letto, tra alberghi e bed and breakfast, di cui 70mila in provincia e il resto in Lombardia e Piemonte. Una capienza da incrementare di numero e di qualità, aumentando il segmento più economico. Dunque: nuovi alberghi da costruire. Da qui la promessa dell' assessore all' Urbanistica Masseroli: «Oggi abbiamo una capacità ricettiva insufficiente per l' Expo, ma sufficiente per l' ordinario. Abbiamo iniziato una riflessione per vedere come incentivare la costruzione di nuovi alberghi, inventando percorsi che poi li trasformino in offerta di edilizia temporanea». Detto diversamente: chiusi gli alberghi, gli stessi palazzi possono essere affittati non come appartamenti per famiglie (la conversione costerebbe troppo), ma come minialloggi in affitto calmierato a studenti universitari, anziani, lavoratori in trasferta, familiari di persone ricoverate per lungo tempo in ospedali della città in arrivo da fuori la Lombardia. Per arrivarci bisogna costruire un percorso di cui il Comune deve avere la regia: «incentivare» un albergo potrebbe significare lasciarli costruire su aree pubbliche, che costano meno, non a Rho-Pero ma in diverse periferie. Sottoscrivendo però una convenzione in base alla quale dopo siano trasferiti a gestori di case in affitto agevolato, come l' Aler. Percorso da costruire trovando il difficile equilibrio tra business e interesse pubblico. In Comune sono convinti che si può fare. E pazienza se c' è nel frattempo da esorcizzare il precedente di Italia ' 90, con l' albergo mai finito a Ponte Lambro, il cui scheletro 18 anni dopo è ancora lì.

La Repubblica
09-06-08, pagina 3 sezione MILANO
Comitati: 'San Siro, no al cemento sull'ippodromo'
TERESA MONESTIROLI


Che cosa ha in mente il Comune per l'ippodromo di San Siro? Sarà questa la domanda a cui l'assessore all'Urbanistica Carlo Masseroli dovrà rispondere all'assemblea organizzata dal Comitatone San Siro per discutere del progetto di trasformazione di un'area attualmente vincolata dal piano regolatore. L'appuntamento è mercoledì alle 21 al Centro scolastico Gallaratese dove sono attesi residenti, operatori ippici, proprietari di cavalli, rappresentati dei lavoratori e degli inquilini, Italia Nostra, i Verdi e il Wwf. Tutti uniti per difendere le piste dell'ippica da una possibile speculazione in vista dell'Expo. "Abbiamo lottato per salvare l'ippodromo in tutti questi anni, siamo pronti a farlo ancora" dice Silvana Gabusi, portavoce del Comitatone. "Abbiamo invitato l'assessore perché ascolti le ragioni dei comitati - spiega Enrico Fedrighini, consigliere dei Verdi - . L'incontro sarà un momento importante per capire le intenzioni del Comune e della Snai". Che nelle ultime settimane hanno ripreso le trattative sul futuro di un'area considerata "strategica" in vista dell'Expo che, con il nuovo Piano di governo del territorio, potrebbe cambiare destinazione d'uso, diventando così appetibile per il mercato immobiliare. "Al di là dei vincoli storici, il "buonsenso" dovrebbe guidare l'amministrazione nel non trasformare eventi importanti come l'Expo in occasioni speculative finalizzate a versare colate di cemento sulla città", dice Paola Brambilla, presidente del Wwf Lombardia.

La Repubblica
09-06-08, pagina 3 sezione MILANO
La giunta rinvia il voto sul piano che fissa dove si può costruire
RODOLFO SALA


Un nuovo stop al Piano territoriale della Provincia, strumento urbanistico sovracomunale che serve a definire quali aree devono restare a verde e dove invece si può costruire. Doveva essere approvato oggi dalla giunta di Palazzo Isimbardi, nella nuova versione predisposta dall'assessore dei Verdi Pietro Mezzi. Ma tutto verrà rinviato alla prossima settimana. Il piano non piace a una fetta di Comuni, a cominciare da quello di Milano, che sta guidando la rivolta dei sindaci del centrodestra (e non solo) parecchio critici sulla sua "impostazione dirigistica e vincolistica" del documento urbanistico. Rinvio necessario, tuttavia, anche per lo stop imposto da Rifondazione, a cui non piacciono le "eccessive concessioni" alla possibilità di edificare sui terreni agricoli del Parco Sud: "Prima di discutere il documento - spiega il segretario Nello Patta - vogliamo che in Provincia si tenga il vertice di maggioranza saltato la settimana scorsa e slittato a giovedì". Tra i principali motivi di scontro, la definizione delle regole di edificazione delle aree, in particolare quelle agricole. Sulla prima versione del piano, anche quella curata dall'assessore al Territorio Mezzi, i sindaci avevano avuto parecchio da ridire, contestando la norma per cui spetta alla Provincia definire dove e quanto costruire. Contestazioni che il presidente Filippo Penati aveva sostanzialmente accolto. Per questo il piano era stato accantonato. E l'assemblea dei sindaci del 5 maggio, che avrebbe dovuto approvarlo, rinviata. È seguita una fase di contrattazione tra singoli Comuni e l'assessore, che ha accolto solo in minima in parte le richieste dei sindaci, ma senza cedere sul principio generale - fissato tra l'altro da una legge regionale - che dà alla Provincia l'ultima parola sui limiti di edificabilità. Sul tavolo di Penati nei giorni scorsi è così arrivata una lettera firmata dai primi cittadini del centrodestra (il primo è quello di Milano) in cui nella sostanza si preannuncia il loro voto sfavorevole alla conferenza dei sindaci che deve valutare il piano prima dell'approvazione definitiva da parte del consiglio provinciale. "La nuova versione - dice l'assessore all'Urbanistica di Palazzo Marino, Carlo Masseroli - non cambia la sostanza di questa impostazione vincolistica che ha ormai fatto suo tempo; in pratica ai Comuni sono state fatte alcune concessioni sul piano dell'edificabilità, ma senza toccare il principio per cui è la Provincia l'unico ente titolato a difendere il verde contro il parere dei Comuni". Milano insiste in particolare sul principio degli "indici perequativi " da assegnare a tutti i proprietari a prescindere dalla destinazione d'uso delle aree. Su quelle agricole resta il divieto di costruire, ma i proprietari possono vendere la loro quota ad altri operatori, che poi esercitano il diritto a edificare su altre aree non sottoposte a questo vincolo. È il caso dei terreni del Parco Sud, che grazie a questa norma potrebbero acquistare valore. Anche su questo Rifondazione è pronta a dare battaglia.

Pagina 38
(10 giugno 2008) - Corriere della Sera
ARCHITETTURA ULTIMI MAESTRI
L' eredità di Giorgio Grassi oltre il limite della tipologia


Tra aedi pronti a lodarlo in pubblico e screditarlo in privato e finti adepti per opportunismo d' accademia, la figura di Giorgio Grassi esige il rispetto di poter essere sottoposta a critica. Al pari di Aldo Rossi, il maggior merito di Grassi va nello sforzo di fondare il progetto sull' attività critica e sull' interpretazione dell' architettura storica, come la sua quasi «autobiografia», Una vita da architetto (Franco Angeli), dimostra. Da queste analisi teoriche Grassi approda a soluzioni progettuali che fondono la tradizione figurativa italiana colta (alla De Chirico) a quella del Movimento Moderno. La parziale realizzazione della casa dello studente di Chieti (con Monestiroli) illustra queste due componenti; ma è diventata una involontaria rovina. Grassi - come del resto accade a tanti - ha però arrestato la lettura delle dinamiche sociali in cui sviluppare la propria architettura agli anni Settanta, continuando poi con un abaco tipologico che alla lucidità della sintesi teorica ha affiancato un' aridità della proposta architettonica. L' area Abb Roland Ernst in Postdamerplatz a Berlino, con la sua stanca riproposizione di un modulo tipologico ad H, ne è un esempio. Per portare avanti la sua lezione da «ultimo maestro» (ora non avrebbe senso parlare di maestri) ci vorrebbe la disponibilità degli «eredi» a non fossilizzarlo: la riproposizione fatta da «storici» replicanti è solo un gioco al ribasso. Siamo all' ultima chiamata per una vera eredità.

Panza Pierluigi

Pagina 001.004
(10 giugno 2008) - Corriere della Sera Anniversario Compie vent' anni il quartiere della «nuova centralità»
Bicocca, la rivoluzione in periferia


L' università della Bicocca ha avuto, nei 10 anni dalla sua costituzione che celebriamo oggi, grande successo e riconoscimento nazionale ed internazionale. A me credo spetti mettere in evidenza il suo ruolo come uno degli elementi strutturali nella trasformazione dei 700 mila metri quadrati dell' insediamento industriale di Pirelli Bicocca. *architetto CONTINUA A PAGINA 4 * * * L' intervento Gregotti: il più importante recupero di un' area dismessa in Europa dopo i docklands di Londra «La Bicocca? E' il centro in periferia» Gli Arcimboldi, l' università, le grandi aziende: i vent' anni di una rinascita «L' innovazione è stata costituire una centralità urbana come risposta alla trasformazione delle periferie» SEGUE DA PAGINA 1 Non posso dimenticare però che oggi celebriamo, insieme ai 10 anni dell' università, i 20 anni dell' inizio del «progetto Bicocca». Cominciata nel 1983 su iniziativa di Leopoldo Pirelli, nel 1985 venne lanciato un concorso ad inviti con la partecipazione di 18 dei più importanti architetti di quegli anni. Il concorso conclude la prima fase nel 1986 e la seconda nel 1988 dando inizio al progetto, oggi realizzato al 90%. Dopo i Docklands di Londra, la più grande realizzazione organica europea di riforma di un' area dismessa. I principi innovativi messi in atto sono quelli della costituzione di una centralità urbana come risposta alla trasformazione delle periferie. Tutto ciò in contrasto con le teorie della deregolamentazione e dello sviluppo infinito delle periferie disperse... Le periferie consolidate si sono formate nell' ultimo secolo (almeno in Italia) come agglomerati fondati sulla divisione di produzione e abitazione dando luogo a grandi complessi monofunzionali e monoclasse che conosciamo, con vasti quartieri abitativi che cercavano di rispondere (e questo non va dimenticato nell' attuale condizione di crisi) al tema dell' alloggio a basso costo. Utilizzando la storica condizione della trasformazione delle grandi aree infrastrutturali dismesse, l' area Bicocca ha cercato di rispondere ad essa con la costituzione di una «nuova centralità». Anche se è mancata e manca tuttora una volontà di piano che coordini l' insieme di queste occasioni che si sono oggi moltiplicate in ogni direzione. L' area Bicocca, tra le prime in Europa, ha tentato questa strada approfittando anche della sua posizione strategica nei confronti dell' area del nord Milano fittamente e disordinatamente sviluppata e della sua positiva possibilità di relazione con le infrastrutture di trasporto pubblico su ferro esistenti e di progetto. Che cosa è una centralità? È un luogo con una forte multifunzionalità, un' alta mescolanza sociale e con la presenza di funzioni rare che obblighino un interscambio con le altre parti della città. Ma anche con una prossimità fisica tra le parti, ed una riconoscibilità fondata su un principio insediativo capace, senza tradirsi, di essere aperto all' immaginazione ed all' uso sociale. Non sono importanti solo le cose ma anche gli spazi tra le cose, la continuità tra gli spazi aperti delle piazze e il fatto che il 90% dello spazio aperto sia spazio pubblico. Tutto questo è ciò che io definisco, con uno slogan, un «centro storico della periferia». Le sue influenze sulla trasformazione del circostante si possono già constatare. Servizi come l' università o il Teatro degli Arcimboldi hanno inoltre avuto effetti importanti su tutto il nord Milano; la presenza di grandi sedi aziendali mettono inoltre l' area in relazione con il mondo. Molte autocritiche possono essere fatte come la debolezza del numero degli abitanti, il ritardo nella realizzazione e nella scarsità dei servizi commerciali, la lentezza dei servizi pubblici di trasporto, la mancanza di connessioni (peraltro previste ma non realizzate) con la grande area verde e sportiva del parco Nord. Prima fra tutte le difficoltà economiche. In venti anni molte cose sono cambiate nelle esigenze collettive e nel mercato cambiamenti che hanno anche messo alla prova anche la flessibilità del suo principio insediativo. Da ultimo vorrei sottolineare come le relazioni con l' università abbiano influenzato la stessa concezione del disegno urbano dell' area Bicocca e del suo ruolo, e della speranza di uno sviluppo civile e non solo esibitorio dell' architettura della città di Milano. Vittorio Gregotti * * *

Gregotti Vittorio
La Repubblica
12-06-08, pagina 13 sezione MILANO
Lissoni: il mio atelier come un parco giochi
PAOLA ZONCA


Per lo studio di Piero Lissoni vale la fulminante definizione di Ernesto Nathan Rogers, che fissa la sfera di azione dell' architettura come progettazione complessiva dell' ambiente: "dal cucchiaio alla città". La caffettiera per Alessi, le sedie di Kartell, i grandi alberghi a Tokyo e Gerusalemme, la ristrutturazione di teatri (come il Nazionale di Milano, dove sono già cominciati i lavori), un resort in una paradisiaca isola dei Caraibi, l' avveniristico yacht di Benetton, le case private e le campagne pubblicitarie: nella fucina di via Goito, situata in una bella palazzina interamente coperta dal verde, i settanta designer, architetti, grafici, lavorano a 360 gradi. «è la scuola milanese - spiega Lissoni, 52 anni, figlio di un restauratore di mobili antichi da cui ha imparato l' amore per il dettaglio - Una tradizione che i grandi maestri (Zanuso, Mangiarotti, Magistretti, Castiglioni, Rogers) ci hanno trasmesso. Vuoi che qui ci sono sempre state le aziende, vuoi che ci si doveva barcamenare, gli architetti hanno finito con lo sviluppare anche la parte design e grafica». Tre piani separati, tre grandi open space dedicati ognuno a una branca diversa: al piano terra il design, sotto l' architettura, sopra la grafica. Si lavora al computer (solo lo studio personale di Lissoni non ne ha nemmeno uno, perché lui schizza e corregge solo a mano), ma c' è anche un laboratorio dove si costruiscono in proprio i modellini di cartoncino vegetale e si conservano i campioni di tutti i materiali per mostrarli ai clienti e dare loro un' idea concreta dei progetti. Lo spirito è quello di un atelier, di una bottega dal sapore antico dove si lavora in team. «Mi piace dire che uno studio di architettura è come un grande parco giochi, e gli architetti sono bambini giocano» butta là Lissoni. Sarà per questo che i suoi collaboratori sono tutti giovani - l' età media è di 29 anni - , tanti stranieri, come il giapponese di Osaka Ken Oshiro, venuto a Milano dieci anni fa per studiare alla Scuola Politecnica di Design. «Devo dire la verità? A un italiano spesso preferisco uno svizzero o un olandese - confessa Lissoni - I nostri neolaureati arrivano con una spocchia incredibile. Gli stranieri, anche se vantano curriculula eccezionali, chiedono umilmente: posso lavorare con voi?». Se col design lo studio Lissoni (che sarà aperto al pubblico domani e il 20, dalle 15.30 alle 18.50) lavora soprattutto per le aziende italiane («non c' è posto migliore dell' Italia, i nostri industriali sono pazzi furiosi, si prendono rischi che altri non osano»), i progetti di architettura vengono realizzati in maggioranza per l' estero. «In Italia, a Milano, ci sono lobby molto potenti che fanno brutte cose - dice - Noi finiamo col diventare il bersaglio, ma la responsabilità va condivisa: dov' erano i committenti pubblici che hanno permesso il trionfo del cattivo gusto?». Qualche esempio milanese? Piazza Cadorna, gli Arcimboldi con i pannelli di vetro originari, la Scala. La polemica sulle archistar? «Un dibattito da portinaie - risponde - I progetti hanno bisogno di giudizi competenti. Adesso qualsiasi politico può dir la sua. Si alza Berlusconi e dice che le tre torri di Citylife fanno schifo. Possono piacere o no, ma, per carità, ognuno faccia il suo mestiere. Lo scandalo vero è che si litiga sul museo di arte contemporanea, ma non si sa bene cosa metterci dentro». Da parte sua, ci tiene a sottolineare di non avere committenti pubblici, soprattutto in Italia: «Qui ti comprano, e una volta che l' hai venduta, l' anima non la recuperi più. Milano è una città assurda: strade sporche, inquinamento, una metropolitana che pare quella di Algeri. Però resto: perché la amo e la odio, come la mamma».


(13 giugno 2008) - Corriere della Sera
A Porta Nuova arriva la casa bosco «Basta vincoli, più verde per la città»


Il progetto Il piano per alloggi e uffici raccoglie il consenso di residenti ed ecologisti I vantaggi
I due grattacieli firmati da Boeri. Masseroli: svolta ambientale Il centro città proiettato nel futuro: Catella e Boeri hanno illustrato l' avveniristico progetto di città sostenibile Il bosco verticale dovrebbe abbattere di due gradi la temperatura e ridurre inquinamento e rumore

Ci saranno opportunità anche per gli uccelli. Che potranno deporre a piacimento le uova sugli alberi delle case-bosco. E' ancora presto (per gli uccelli), perché i due grattacieli a forma di bosco, progettati da Stefano Boeri, sono virtuali. Come del resto i futuristici uffici e case double face degli architetti Lucien Lagrange e William McDonough, presentati ieri in carne ed ossa (gli architetti) da Manfredi Catella, ad di Hines, nonché regista e anima del progetto di Porta Nuova, l' avveniristico quartiere che dovrebbe nascere nel cuore di Milano. Entro il 2012. Una data avveniristica, considerati i tempi italiani di costruzione. Catella però è molto fiducioso perché, dice, «i lavori procedono con regolarità. Senza nessun caso di illegalità». Gongola Catella, seduto a fianco degli architetti. Per più di un motivo. E' riuscito a portare a Milano due professionisti visionari di fama internazionale, abituati a progettare intere città (Cina) e sedi di multinazionali (Ford e Nike). Offre un' alternativa di oasi e di pace alle famiglie che abiteranno il bosco verticale (e agli uccelli). E soprattutto, dopo anni di polemiche, ieri ha incassato gli elogi di Legambiente e del rappresentante del comitato dei cittadini dell' Isola (gli edifici sono sottoposti ai criteri di valutazione ambientale del Leed). Quasi non credeva alle loro parole. «E' la prima volta che mi capita in tre anni di lavoro. Segno che abbiamo operato bene bene». L' assessore all' Urbanistica Masseroli annuisce e gongola pure lui. E non si fa scappare l' ennesima occasione per storicizzare. «Milano è a una svolta ambientale. Dopo 50 anni abbiamo un nuovo piano territoriale. Fatto di dialogo tra privati e pubblico. Non più vincolato dai vincoli che hanno bloccato lo sviluppo». Di limiti non se n' è posti nemmeno l' architetto Boeri. Almeno in altezza e quantità di alberi: nelle sue due torri ne cresceranno circa 900. In sintonia con McDonough, teorico dell' abbondanza e della creatività in architettura, Boeri ha spiegato la sua idea: «Se sviluppiamo su una superficie piana il verde previsto nei 150 appartamenti delle torri, otteniamo un bosco di un ettaro». Le specie degli alberi sono una cinquantina, alti anche 8 metri. Il bosco verticale dovrebbe abbattere di 2 gradi la temperatura e ridurre inquinamento e rumore. Un paradiso per chi potrà goderselo: sarà come vivere in campagna abitando in pieno centro cittadino. Ma chi potrà permetterselo un appartamento del genere? Solo i costi della gestione del verde fanno supporre cifre non proprio eco-sostenibili. Senza contare altri elementi ad alto valore immobiliare: un parco, quattro linee di metrò (quando saranno realizzate), due stazioni, un hotel di lusso, materiali hi-tech e riciclabili ed energia fotovoltaica a volontà. Le richieste già ci sono. Quanto costerà un immobile? Catella non lo dice: «Non abbiamo ancora calcolato il prezzo». Nella zona di Porta Nuova una casa di 100 mq può valere oggi 800 mila euro. Dato che interessa poco l' architetto Lagrange. Che invece preferisce raccontare l' incontro con Catella. Un anno fa, a Chicago: «Ho accettato dopo un secondo. Per un architetto è fantastico lavorare in una città come Milano». Motivo? «E' così ricca di zone popolate. E vibranti». Agostino Gramigna

Gramigna Agostino

La Repubblica
12-06-08, pagina 13 sezione MILANO
Da Rota a Caputo da Zucchi a Kipar

Lo studio Lissoni Associati è soltanto uno tra i numerosi atelier milanesi di urbanistica, architettura e design che apriranno al pubblico domani e dopo (e poi ancora il 20 giugno) in occasione della manifestazione "Open Studio", promossa da Triennale Architettura. Tra i professionisti coinvolti (nomi, indirizzi e orari di apertura anche su www.triennale.it) figurano Caputo Partnership, Italo Rota (autore del progetto per il Museo del Novecento all' Arengario), Fabio Novembre (il designer al quale è stata appena dedicata una mostra alla Rotonda dalla Besana), Cino Zucchi (sue alcune delle case del nuovo quartiere Portello), l' atelier Mendini, lo studio Land di Andreaa Kipar, l' architetto del paesaggio che ha disegnato le nuove colline artificiali del Portello e della Bicocca e che sta lavorando al progetto "Raggi Verdi" per l' Expo. Il pubblico potrà visitare gli studi senza prenotazione, incontrare gli architetti e discutere insieme i loro progetti. Domani mattina, dalle 10 alle 13, è aperto gratuitamente anche lo Studio Museo Achille Castiglioni, in piazza Castello 27, dove lavorava uno dei maestri del design milanese.



Pagina 16
(13 giugno 2008) - Corriere della Sera
INIZIATIVA
Architetti a porte aperte


Come nasce un progetto? Nell' ambito dell' iniziativa «Triennale Architettura» i più importanti studi di architettura milanesi aprono le porte al pubblico: si comincia oggi con l' Atelier Mendini, Lissoni Associati, Studio Fabio Novembre (ore 15.30-20) e altri studi indicati nel sito www.triennale.it. Prossimi open day, il 14 e 20 giugno.

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