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L’applicazione del principio dell’equo compenso è inderogabile anche nei contratti pubblici

L'Ordine di Milano commenta, con una nota dell'architetto Carlo Lanza, la circolare del Consiglio Nazionale sull'applicazione del principio dell'equo compenso, per contrastare un’interpretazione penalizzante per la professionalità dei professionisti impegnati in contratti pubblici.

Con la Circolare n. 63 del 6 maggio 2024 il Cnappc ricorda ai Ministri del governo, all’ANAC e agli altri interlocutori che "Lapplicazione dell’equo compenso è a garanzia di una prestazione professionale di qualità e, infatti, non bisogna mai dimenticare che la ratio della legge 49/2023 è quella di garantire un “compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale”

Le spinte verso un’interpretazione penalizzante per la professionalità dei colleghi impegnati in contratti pubblici con la richiesta di offrire riduzioni di onorario in palese contrasto con i dettami della legge sull’Equo compenso, nascono dalla convinzione che la concorrenza legata ai costi applicata indiscriminatamente a tutte le attività, comprese le prestazioni di carattere intellettuale, sia garanzia di qualità, di spesa contenuta e di corretta gestione amministrativa dell’ente pubblico. Non è mai stato dimostrato che ciò avvenga.

Per di più, il quadro economico di un’opera pubblica posto a base di gara resta immutato e immutabile fino al collaudo e non tiene conto dei ribassi d’asta che possono essere in parte utilizzati per le varianti di minor conto e, se ancora esistenti dopo alcuni anni, registrati a fine lavori per essere inclusi in voci di bilancio generale. Meglio sarebbe una programmazione corretta, un piano economico stringente senza ricorso a varianti, costi certi e congrui corrispettivi.

E, così come per i costi d’appalto per le opere riguardanti la sicurezza nei cantieri non sono soggette a ribasso (mentre, per inciso, ciò non è mai stato accettato o applicato per i corrispettivi professionali inerenti la medesima sicurezza), nulla impedirebbe di distinguere onorari non soggetti a ribasso e spese in applicazione della legge, come affermato già in prima istanza anche da ANAC.

Va anche ricordato che le norme sull’equo compenso, in vigore successivamente all’approvazione del codice degli appalti e quindi ben sapendo a quale ordine di norme si sarebbe dovuta applicare, riguardano solo in parte gli aspetti economici del rapporto professionale: la pretesa non applicabilità di quella legge coinvolge anche tutte le altre condizioni ritenute vessatorie che incidono in modo determinante sulla corretta stipula del contratto: gli acconti, le spese, le prestazioni gratuite, i diritti di tutela della professione.

La lettura delle argomentate sentenze dei TAR, tra cui, su tutti, l’autorevole provvedimento del TAR del Lazio, e la presa di posizione del nostro Consiglio nazionale in sintonia con quello degli ingegneri, dovrebbero convincere dell’assoluta necessità di por fine alla controversia e garantire ai funzionari pubblici di non rischiare il sempre incombente paventato intervento della Corte dei conti, rappresentato come una sicura ghigliottina armata contro di loro.

È comunque indispensabile ribadire in ogni occasione come la nostra attività di progettisti potrà essere giustamente valorizzata con lo sviluppo sistematico dei concorsi di architettura, procedura in cui i criteri di selezione si fondano esclusivamente sulla centralità e qualità del progetto che costituisce l’effettivo interesse pubblico e non sul ribasso dei corrispettivi che penalizza ogni professionalità. Purtroppo l’obbligo di ricorrere al concorso per determinati casi di importanza significativa previsto dal precedente codice, non è stato confermato nell’attuale normativa approvata lo scorso anno, che ne propone solo i criteri di organizzazione.

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