From 24.11.2014 to 24.12.2014
ArcipelagoMilano ha aperto il dibattito sulla proposta: "Oneri di urbanizzazione in caso di demolizione/costruzione, per limitare il consumo di suolo". vediamo quanto emerso nella prima discussione pubblica
All'interno dell'attuale dibattito dedicato ad abbattimento del consumo di suolo, costruire sul costruito e rigenerazione urbana, come anche le recenti proposte che il Consiglio Nazionale degli Architetti con ANCE e Legambiente hanno rivolto al Parlamento Europeo, alla nuova Commissione e alla Presidenza italiana dell'Unione con il programma "EU Cities Reloading", ArcipelagoMilano propone ulteriori spunti operativi locali.
Di fronte ai vari distinguo spesso ambigui tra demolizione e ricostruzione, Ristrutturazione Edilizia, Manutenzione Straordinaria, e i diversi carichi di Oneri dovuti nei confronti dell'Amministrazione, ArcipelagoMilano propone una discussione attorno alla introduzione di incentivi fiscali per la 'Sostituizione Edilizia', nuovo strumento del Regolamento Edilizio di Milano recentemente approvato, ma non defiscalizzato.
Lunedì 17 novembre ha chiamato a dibattere sul tema, affrontato sulla testata on line nell’articolo Oneri o non oneri: recuperiamo terreno a firma dell’architetto Andrea Bonessa, dedicato a rigenerazione urbana e zero consumo di suolo.
Un parterre veramente difficile da condensare in una serata quello invitato da ArcipelagoMilano lunedì 17 novembre 2014, chiamato ad intervenire sul tema proposto dalla testata on line nell’articolo Oneri o non oneri: recuperiamo terreno a firma dell’architetto Andrea Bonessa. Qualità e varietà che a fine serata farà auspicare il direttore Luca Beltrami Gadola ad un rapido aggiornamento.
Dei numerosi interventi segue dunque una sintesi piuttosto schematica tra aspetti critici e contributi. Non ce ne vogliano i relatori.
L’iniziativa, spiega il direttore di ArcipelagoMilano, vuole cercare di dare slancio ad attività anche minute ma per questo non meno essenziali, una sorta di facilitazione per il settore stagnante del mondo delle costruzioni.
È possibile mettere insieme l’abbattimento di consumo con il recupero di suolo? Ma in questa direzione è molto più efficace la rottamazione che l’eco-intervento: perché dunque penalizzare la ristrutturazione? Perché non incentivare l’edilizia virtuosa? Andrea Bonessa è netto: basta con l’utilizzo improprio degli oneri per la spesa corrente dei Comuni. In questo modo sintetizza l’articolo apparso a suo nome il 29 ottobre.
Avvia il dibattito Gregorio Praderio, consulente per lo sviluppo immobiliare. La LR 12/2005 già dava discrezione ai Comuni di abbattere gli oneri del 50%, in misura funzionale alle urbanizzazioni primarie la dove necessarie. Del resto su qualunque business plan, più che gli oneri incidono molto di più sia il dilungarsi dei tempi, legati a leggi incomprensibili e alle difficoltà dei funzionari amministrativi, che naturalmente i tassi bancari.
a suo avviso necessita invece una più radicale revisione del sistema immobiliare, in quanto l’autoregolazione domanda/offerta in questi anni non ha funzionato, se oggi solo nel milanese vi sono ben 180.000 alloggi in esubero.
La legge 12/2005 concede attraverso i vari PGT locali 450.000.000 mq di nuove aree edificabili su 85% dei comuni di Area Metropolitana: significa evidentemente, sottolinea allarmata Maria Cristina Gibelli , docente di studi urbani del Politecnico, avere strumenti inadeguati. La legge dovrebbe essere una: blocco totale del consumo di suolo degli spazi aperti. In questo senso può essere di riferimento la LR Toscana, che prevede una perimetrazione netta delle aree edificate entro cui possibile costruire. La città va intensificata e non densificata. In questo senso la fiscalità va piuttosto e di molto innalzata sulle aree libere.
Pierluigi Mantini , avvocato e parlamentare di lungo corso UdC oggi nelle file PD, ricorda come già nel 2004 propose la non edificazione dei territori non urbanizzati, salvo che per semplici servizi all’agricoltura, ed eccezioni a discrezione della Regione. Oggi l’Unione Europea impone Zero consumo di suolo entro 2050. La proposta venne votata in parlamento nel 2005, emendata con la proposta di legge Lupi/Mantini del 2006 che però vide poi l’opposizione del presidente della commissione ambiente Ermete Realacci, a suo avviso su pressione di alcune Regioni, rimanendo così lettera morta.
Occorre un ‘favor’ legislativo dedicato al costruire sul costruito, per uscire dall’urbanistica di tradizione. Una rottamazione sensibile al carico urbanistico locale. Un primo segnale in questo senso è la proposta in discussione per un Regolamento Edilizio nazionale.
Maria Cristina Treu, professore ordinario di urbanistica al Politecnico, allarga l’orizzonte ad altri comparti oltre che quello residenziale: strade centri commerciali impianti di biomassa e infrastrutturazioni varie. Riguardo interventi di interesse sovra comunale è necessario il blocco del consumo di suolo soprattutto a tutela dei piccoli Comuni.
Intanto subito è possibile:
- la rottamazione degli abusi e delle costruzioni in zone a rischio idrogeologico
- il ripristino delle regole idrogeologiche, con un piano di manutenzione a scala di Città Metropolitana: le vasche di scolmo di cui si parla tanto in questi giorni di emergenza sono insufficienti se non ci sono aree a superficie permeabile di sfogo. In questo senso gli oneri sono necessari per la manutenzione oltre che la costruzione di infra e sotto strutture necessarie al già costruito di molti Comuni minori.
Stefano Boeri ricorda virtù e limiti oltre che della legge Toscana anche del Piano paesaggistico della Regione Sardegna. E propone 3 soglie di attenzione:
- il tema delle impermeabilizzazioni delle aree di espansione, complementare alla limitazione della cementificazioni -vedi come finita con Expo- pone in prospettiva sostenibile le trasformazioni agricole di ritorno.
- in Francia, in ambito di rigenerazione urbana, l’energia è tema centrale. L’edilizia pubblica altamente energivora viene recuperata mediante operazioni in cui premi volumetrici e facciate virtuose –tramite finanziamenti governativi- hanno la meglio
- lo sfitto e l’invenduto devono essere trasformabili, liberalizzando il cambio di destinazione .
Marina Rotta, dell’associazione ‘salviamo il paesaggio’, che raggruppa 800 associazioni e 750 comitati, denuncia quanto scarsa sia l’efficacia della pianificazione nei riguardi della tutela, dove le leggi che la regolano dichiarano obiettivi che vengono sconfessati nei contenuti. Invece la battaglia sul consumo di suolo deve corrispondere alla visione della città futura.
Il Presidente della Consulta Lombarda degli Ordini degli Architetti Angelo Monti condivide alcuni dati significativi: dal 2007 il reddito degli architetti è calato del 42%; il settore dell’edilizia ha perso 700.000 addetti; oltre il 60% degli alloggi sono di scarsa qualità costruttiva ed energetica. Per questo il CNA ha proposto quattro anni fa il programma RI.U.SO, diventato in occasione del semestre europeo italiano Reloading City, in cui si promuove con forza la formula del costruire sul costruito.
In esso naturalmente si condivide l'approccio "energetico" come leva per operare, la dove oltre il 40% dell'edilizia residenziale è costruita prima di qualunque legislazione dedicata al contenimento energetico.
Ugo De Bernardi, noto sviluppatore immobiliare, è quasi consolatorio: per quanto riguarda gli investitori finanziari internazionali –più che l’imprenditore diffuso di vicinato- non si riscontra più convenienza a costruire il nuovo, tanta è l’offerta.
Nel sistema anglosassone non si consuma più suolo da 20 anni, stante lo scarso reddito, e la rapida svalutazione di valore, la dove invece il recupero propone una nuova acquisizione di valore del patrimonio esistente. A Milano la quantità di edifici vuoti in aree centrali, che potrebbero diventare con facilità forme di residenza evoluta secondo i principi della smart city, promuovendo così anche il sorgere di esercizi di prossimità logistica legati all’e.commerce, la legge e il RE non lo consentono.
Non è possibile spiegare la differenza in Italia tra recupero e ristrutturazione ad un investitore internazionale, che finisce così a disertare il mercato italiano. Torneranno quando vi saranno tempi certi e chiarezza delle procedure. Decuplichiamo gli oneri sul nuovo, e consentiamo la fiscalità di margine sul periodo di costruzione, piuttosto che rinunciare agli oneri di costruzione.
L’ingegner Marco Pompilio, pianificatore di area vasta, considera necessari alcuni passaggi:
- sganciare gli oneri dalle spese correnti
- esser cauti nel parlare di densificazione, perché le trasformazioni da industriali in altro crea gravose problematicità a scala territoriale
- per la buona pianificazione ci vuole pazienza, costanza e tempo lungo, così come per le sperimentazioni: il corso quinquennale di una legislazione non è adeguato.
Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia, pone paletti precisi. Se ci vogliamo impegnare seriamente in questa direzione è necessario ritornare a parlare di città:
- se parliamo di densificazione la prima considerazione riguarda le automobili: a Milano occupano 1.000 ettari di spazio urbano.
- la risoluzione del dispendio energetico crea già in se il margine economico per potersi compiere, se si concedesse a sostegno il credito a lungo termine. Qualcosa deve e può cambiare.
- la questione idrica è sempre più radicale: una infrastruttura concepita per la città dell’800, in cui non vi sono più margini alla sua ricostruzione.
Tutto questo potrebbe essere il vero ‘sblocca Italia’, fare cose per chi realisticamente compra, costruire per chi abita e vive la città oggi.
Francesco Spadaro, architetto e consulente del gruppo radicale in Comune, considera le battaglie sul regolamento edilizio, e l’ottenimento della fattibilità dei bagni ciechi in alloggi residenzali, una leva alle trasformazioni della città più di quanto non faccia il Piano voluto dalla Moratti.
Luigi Caprarella, presidente di Milano Bene Comune, ricorda come 3 anni fa questi stessi temi fossero discussi per e con Pisapia, che evidentemente non ha tenuto la linea. Ricorda come l’art 1 della LR12 già prevedesse la contabilizzazione del consumo di suolo. E fa una proposta: creare bilanciamento tra suolo consumato e restituito, non fermando il processo di trasformazione, ma creando le condizioni per un reale zero consumo di suolo attraverso il ‘riciclaggio’ di parti precedentemente cementificate . Propone di riflettere sul valore urbano, sul significato positivo della città, per cui l’onere urbanistico potrebbe diventare un individuale contributo di cittadinanza. Per la necessaria eliminazione delle auto dalla città centrale, la valorizzazione dei mezzi pubblici, basterebbe questo.
Andrea Arcidiacono, docente di urbanistica al Politecnico e membro del Centro consumo di suolo partecipato anche da Legambiente, ricorda che malgrado la crisi del 2007 il consumo di suolo non è affatto diminuito, essendosi anzi mantenuto fino ad oggi ad un livello di espansione costante. Perché la crisi ha colpito proprio la rigenerazione urbana e non l’espansione, fatta dai piccoli operatori, che vedono con il passaggio da suolo agricolo a edificabile innalzare verticalmente il valore dei terreni e la relativa rendita. Bisogna dunque pensare a politiche combinate, tra fiscalità spinta e norme incentivanti per rendere conveniente la rigenerazione. In relazione a precedenti interventi, ricorda che nessuna pianificazione provinciale, tanto meno la perimetrazione dei TUC Toscani, hanno inciso sulla limitazione del consumo di suolo. L’incentivo volumetrico non è più attuale, la riduzione degli oneri non è significativa, è necessario ridurre i tempi di fattibilità.
in questo senso il regesto di aree e immobili disponibili alla rigenerazione potrebbe essere il punto di inizio di questo processo virtuoso.
Carlo Cerami, avvocato e consulente del comparto immobiliare, trova molte delle proposte ascoltate condivisibili. L’idea di restituire qualità, la dove è mancato l’investimento nella cura e manutenzione, accennato da Caprarella è di grande interesse. Ma le risorse non le troviamo dove le norme hanno fallito: dobbiamo prima di tutto darci obbiettivi. Le opere necessarie – di riassetto idrogeologico, infrastrutturale e di rigenerazione - devono essere escluse dalla soglia del 3% di deficit europeo: solo così potranno ricominciare ad affluire capitali. Diamo acquisito il principio ‘Zero consumo di suolo’: il metodo draconiano funziona. Gli operatori devono produrre qualcosa che costa meno, e i Comuni incentivarlo. Proprio come in Francia.
Vittore Soldo, della segreteria regionale PD porta ad esempio la sua esperienza da Vice Sindaco di una piccola cittadina del bergamasco di 1.500 abitanti. Riassume con senso pratico le operazioni necessarie ad un Amministratore per limitare il danno. Eletto con appena approvato un PGT che prevedeva l’aumento del 46% della popolazione in 5 anni, ha rifatto fare il Piano mediando con il progettista, secondo il principio di ‘Zero consumo di suolo’, sicuramente facilitato in questa direzione dalla scarsa pressione cittadina a necessità edificatorie. Non bisogna dimenticare in questo senso che è necessario far capire, ovvero socializzare, l’innesto della rigenerazione. Ma sottolinea anche le difficoltà di contenimento di spesa su un territorio disperso e rado per l’ordinaria manutenzione, raccolta rifiuti, trasporti e servizi vari, e con esse l’utilità degli oneri. Se in un paese per far la spesa devo prendere la macchina la socialità locale è persa. È necessario introdurre indicatori che diano sostenibilità ai progetti.
L'Europa ci accusa del mancato investimento del 50% dei finanziamenti ricevuti, a fronte di una pessima qualità della catena dell'istruzione e di una mancanza d’innovazione delle infrastrutture. Per Giuseppe Longhi, docente dello IUAV, il processo di rigenerazione urbana necessita una modifica di paradigma: il valore non è più il suolo ma il sapere. La revisione della catena del sapere attraversa il metabolismo urbano, attraverso il minor consumo di materia e una maggiore biodiversità.
Conclude Diana De Marchi, ex consigliere provinciale e insegnante, con l’auspicio che il dibattito non si limiti a considerazioni settoriali ma coinvolga la cittadinanza, a partire da interventi educativi sul tema nelle scuole.
Ma siamo solo all’inizio.