From 24.07.2014 to 24.08.2014
Una breve intervista a Carlo Lanza, decano della Commissione parcelle del nostro Ordine e suo attuale vice presidente, autore di un 'manuale' di sopravvivenza professionale, tra stipula di contratti e giusti pagamenti
Presentiamo il nuovo lavoro di Carlo Lanza edito da Maggioli, dedicato ai nuovi criteri di stesura di un contratto professionale. Da anni impegnato nella Commissione Parcelle del nostro Ordine, gli abbiamo posto alcune domande in relazione ai contenuti e più in generale alle ragioni che lo sottendono.
Non è propriamente una lettura per l'estate, ma non per questo meno importante per la nostra professionalità.
I provvedimenti degli ultimi anni in materia di libera concorrenza e la riforma delle professioni ha costretto a rivedere i criteri di stesura del contratto professionale.
L’adeguamento ai condizionamenti del “mercato” che ha codificato un principio di concorrenza imposto a livello europeo ha anche escluso la possibilità di appellarsi a leggi, norme e consuetudini: la frase “Per quanto non esplicitamente previsto si fa riferimento alla Tariffa professionale di cui alla legge n. 143/49...” che ha accompagnato fino a poco tempo fa ogni disciplinare di incarico, non ha più alcuna ragione d’essere e va sostituita con una elaborazione puntuale e personale delle prestazioni e degli onorari.
Sei convinto che sia una reale liberazione della libera concorrenza, come richiesto dal mercato europeo?
Sì, ma solo ad una condizione: che la concorrenza sia legata alla qualità e al contenuto della prestazione professionale.
Essendo caduto ogni possibile appoggio al corpo di norme che ci ha accompagnato da anni, oggi si offre l’opportunità di ricomporre le tessere di un mosaico che rappresenta la nostra personale professionalità.
Si dice giustamente: chi sottoscrive un contratto deve essere cosciente di poter svolgere al meglio quell’incarico.
Allora io sostengo che per ogni incarico è necessario costruire una sorta di “computo metrico estimativo” del lavoro da svolgere che metta in evidenza la nostra competenza in relazione anche all’onorario che riteniamo più adeguato al singolo compito assegnato. Di qui può nascere un modo corretto di confronto con altri colleghi. Quindi, non più le riduzioni o gli “sconti” che hanno avvilito la nostra professione degli ultimi anni, ma una competente valorizzazione del nostro impegno.
È palese quindi che questo criterio non corrisponde a quel “mercato” a cui ci si appella, ma che rappresenta un mondo a mio parere estraneo alla nostra libera attività professionale: nel nostro agire non si producono oggetti preconfezionati e non si forniscono (tranne alcuni casi) servizi standard, ma si confezionano “abiti su misura”, ognuno diverso dall’altro, dove la nostra attività è legata alla costruzione, di volta in volta nuova ed unica, di un processo di avvicinamento ad un risultato atteso, attraverso il ricorso a strumenti di conoscenza astratti che si accompagnano e si fondano sulla cultura, sull’esperienza e sulla sensibilità di ciascuno.
Qui sta il senso di professione “intellettuale” che ci contraddistingue e che è lontana dal concetto commerciale di mercato.
La vera concorrenza ci sarà quando il confronto avverrà sulla puntuale definizione delle prestazioni e sulla ragionata esposizione dei relativi onorari e non, come spesso avviene, solo sul prezzo legato al risultato.
Da decano della ‘commissione parcelle’ del nostro Ordine, quali sono i temi che vi vengono sottoposti con maggior frequenza?
Ti sembra che questa nuova condizione, oramai in corso da un paio di anni, abbia creato maggior consapevolezza da parte del progettista?
La “commissione parcelle” vede il mondo della professione da un angolo particolare e ristretto: si cura dei casi che sono andati in crisi e che sono, speriamo, una minima parte di quelli che riguardano i nostri colleghi.
Dal campione che passa dalla commissione o dallo sportello, ma soprattutto nei rapporti che si sono instaurati con i partecipanti ai corsi sui contratti che si sono tenuti in questi ultimi mesi, si nota un certo sconcerto, in particolare legato alla concomitanza di due eventi: l’abrogazione delle tariffe (preceduta dall’abolizione dei minimi tariffari) e la mancanza di lavoro.
Questo sconcerto porta necessariamente ad una maggior consapevolezza e a una volontà di cambiare.
Oggi, per noi che ci occupiamo di gestire questa situazione, l’obiettivo, sia istituzionale che, come nel mio caso, anche personale con la pubblicazione del mio volume, è comunque quello di predisporre gli strumenti per consentire a ciascuno di ridefinire la propria professionalità nei confronti della committenza.
"Si deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico”: ma il mansionario personalizzato cui far corrispondere la valutazione dell’onorario è molto articolato, non rischia di confondere le idee del committente?
O esiste un patto sociale con regole, norme, definizioni a cui tutti possono fare riferimento, oppure bisogna costruire, caso per caso, un protocollo prestazionale per ogni singolo incarico. Siccome la prima opportunità è stata soppressa con l’abrogazione delle tariffe e di tutti i provvedimenti che fanno riferimento a quelle, non resta che la seconda via. Se si raggiunge il risultato sperato, il rapporto con il cliente si conclude, quasi sempre, senza problemi: ma se un qualsiasi intoppo si manifesta nel corso delle prestazione, l’incerta interpretazione dei compiti e delle responsabilità del professionista fa mettere in discussione tutto il lavoro. Oggi, pur se faticoso, è meglio quindi perdere un po’ di tempo, ma fin dall’inizio esporre e spiegare al meglio gli impegni, i ruoli e le competenze.
In questa situazione, la strada della auspicata semplificazione è, perdona il gioco di parole, la più complessa: occorre maturare le esperienze sul campo per affinare e sfrondare ciò che oggi appare farraginoso e ridondante e che può confondere il committente.
Ma alla fine del processo di ricostruzione delle consuetudini di contrattazione, ti sembra che davvero si sia migliorato il livello di concorrenza corretta tra professionisti?
Per il momento quella ricostruzione è solo iniziata e non possiamo verificarne ancora i risultati. Se emergerà la qualità di ciascuno, la concorrenza (mi piacerebbe di più chiamarla “confronto”) si svilupperà in una crescita della professionalità di tutti e non in una battaglia di prezzi. Ne va della nostra credibilità.
Ma soprattutto la tutela dei diritti del committente è realmente migliorata?
Nella stragrande maggioranza dei casi i diritti del committente non sono mai stati in pericolo: soprattutto, nonostante tante dichiarazioni dei difensori dei consumatori, questi diritti non hanno subito limitazioni a causa della presenza delle tariffe. Per non dire che la loro abrogazione era già stata data per scontata e applicata ben prima dei nuovi provvedimenti di legge.
Infatti da anni, anche quando si paventava la “concorrenza sleale”, a non rispettarle coscientemente (abbassando di fatto il livello qualitativo del lavoro) sono sempre stati in due, il professionista e il cliente. Il primo per tenere il lavoro, il secondo per risparmiare il più possibile.
Oggi dobbiamo sforzarci di tutelare in modo organico sia i diritti dei clienti – come vuole la legge - che i diritti – che le nuove leggi ignorano - degli architetti con la stesura di contratti e di preventivi che non lascino spazio a equivoci o incertezze, forti di un’esperienza e di una cultura che non può essere immolata sull’altare di un deprimente “mercato”.
Ricordiamo che il libro è munito di CD contenente due esempi di contratto per diverse prestazioni, oltre che i singoli articoli componenti il contratto tipo che è possibile estrarre per la costruzione del proprio testo. Inoltre è contenuta una antologia di testi normativi di cui si parla nel libro, che ricordiamo è acquistabile anche attraverso il nostro e-shop