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Il restauro degli immobili storici compete agli Architetti

From 22.01.2014 to 22.02.2014

Con la sentenza del Consiglio di Stato 21/2014 del 9 gennaio, si afferma in via definitiva che per immobili di interesse storico ed artistico le prestazioni professionali inerenti il restauro sono di nostra competenza

Il Consiglio Nazionale degli Architetti comunica con soddisfazione il risultato della sentenza del Consiglio di Stato 21/2014 del 9 gennaio, in cui si afferma in via definitiva che per immobili di interesse storico ed artistico le prestazioni professionali inerenti il restauro sono di competenza degli Architetti, in particolare per la DL ma tanto più, evidentemente , per i progetti.

Sottolinea l'impegno diretto espresso nella circostanza e soprattutto  l'importanza di aver sostenuto un principio che va oltre le questioni di mera competenza ai sensi di legge, affermando un principio di carattere culturale, strettamente connesso alla nostra specifica preparazione didattica, che ci prepara a tutelare il patrimonio monumentale del Paese, trattandosi di
"....scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell'ambito delle attività di restauro e risanamento ...".

La sentenza naturalmente non nega la possibilità che altri professionisti tecnici partecipino ai restauri, in una logica di sinergia di saperi e competenze, ma rimane obbligata la responsabilità e il coordinamento dell'architetto.

Altrettanto importante appare la chiarezza fatta dal Consiglio di Stato sulla supposta equiparazione di architetti e ingegneri, per il tramite delle Direttive comunitarie, che viene invece esclusa .
Il CNAPPC si impegna ad inviare a breve una comunicazione formale a tutte le Soprintendenze d'Italia perché siano informate della sentenza e svolgano i doverosi compiti di vigilanza sulle
competenze relative alle attività professionali riguardanti i beni vincolati.

di seguito il commento del CNAPPC e allegato qui il testo della sentenza


Competenze professionali - Immobili di interesse storico e artistico Sentenza Consiglio di Stato n. 21 del 9 gennaio 2014
Commento alla sentenza del Consiglio Nazionale


Con la sentenza in oggetto viene definitivamente chiarita la questione, già posta ai giudici comunitari, sulla legittimità dell'esclusione della categoria professionale
degli ingegneri dal conferimento di incarichi afferenti la direzione di lavori da eseguirsi su immobili di interesse storico-artistico, di competenza in via esclusiva
degli architetti.
La questione era stata posta alla Corte di Giustizia, che con la sentenza C-111/12 del 21 febbraio 2013 ha ritenuto che sono escluse le competenze professionali degli  ingegneri in merito a lavori riguardanti immobili di interesse storico e artistico solo se in possesso di un diploma di ingegnere civile o di un titolo analogo rilasciato in uno Stato membro diverso dall'Italia, qualora tale titolo sia menzionato nell'elenco reda tto ai sensi dell'articolo 7 della direttiva 85/384 o in quello di cui all'articolo 11 di detta direttiva.

La controversia è stata posta nuovamente all'attenzione del Consiglio di Stato, che ha fornito una lettura interpretativa della giurisprudenza della Corte di Giustizia, ed
ha specificato che :
- l'articolo 52, secondo comma, del R.D. 2537 del 1925 non è incompatibile con la direttiva comunitaria 85/384/CEE, in quanto si limita a garantire il reciproco
riconoscimento, da parte degli Stati membri, dei titoli di studio per agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi per le
attività del settore dell'architettura ;
- la richiamata direttiva non obbliga in alcun modo gli Stati membri a porre i diplomi di laurea in architettura ed in ingegneria civile su un piano di perfetta parità ai fini dell'accesso alla professione di architetto in Italia, ma impone soltanto di non escludere da tale accesso in Italia coloro che siano in possesso di un diploma di
ingegneria civile o di un titolo analogo rilasciato da un altro Stato membro, laddove tale titolo risulti abilitante - in base alla normativa di quello Stato membro all'esercizio di attività nel settore dell'architettura.

In base a tali premesse, il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto che:
- non è esatto affermare che l'ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi UE diversi dall'Italia l'indiscriminato esercizio delle attività
tipiche della professione di architetto, essendo possibile l'esercizio di tali attività ai soli professionisti che possano vantare un percorso formativo adeguatamente
finalizzato all'esercizio delle atti vità tipiche della professione di architetto;
- è esclusa, di conseguenza, una 'discriminazione alla rovescia' nei confronti degli ingegneri alla luce dell'articolo 11, lettera g) della direttiva 85/384/CEE, poichè, in
base a tale disposizione, i soggetti che abbiano conseguito in Italia il diploma di laurea in ingegneria nel settore della costruzione civile rilasciati da Università o da
istituti politecnici possono nondimeno esercitare le attività tipiche degli architetti, a condizione che abbiano altresì conseguito il diploma di abilitazione all'esercizio
indipendente di una professione nel settore dell'architettura, rilasciato dal ministro della Pubblica Istruzione a seguito del superamento dell'esame di Stato che lo abilita all'esercizio indipendente della professione (in tal modo conseguendo il titolo di 'dott. Ing. architetto' o di 'dotto Ing. in ingegneria civile').

Il Consiglio di Stato ha pertanto concluso, affermando che l'attività di direzione dei lavori su immobili di interesse storico-artistico non può essere ricondotta alle
attività di mero rilievo tecnico , non potendo essere esercitabile dai professionisti ingegneri, ma essendo riservata allo sola professione di architetto.
L'attività di direzione dei lavori nono coincide con la nozione di 'parte tecnica' delle attività e delle lavorazioni, poiché di tale coincidenza non è traccia alcuna
nell'ambito della normativa di riferimento e, laddove si accedesse a tale opzione interpretativa, di fatto, si priverebbe di senso compiuto la stessa individuazione di
una 'parte tecnica' (intesa quale componente di una più ampia serie di attività) facendola coincidere, di fatto , con il più ampio e onnicomprensivo novero delle
attività relative alla direzione dci lavori.

In coerente applicazione dell'articolo 52 del R.D. 2537 del 1925, sempre secondo il Consiglio di Stato, devono ritenersi precluse agli ingegneri la partecipazione alla
gara per l'affidamento del servizio di direzione dei lavori o di coordinamento della sicurezza sugli immobili di interesse storico-artistico.
 

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