From 05.11.2013 to 16.11.2013
Prima puntata del ciclo di conferenze Porte aperte sul progetto. Ecco una breve sintesi della serata dedicata agli alberghi. Protagonisti Paolo Facchini, di Lombardini22 e Daniele Beretta
Mercoledì 30 Ottobre 2013 si è tenuto presso la nostra sede il primo incontro del ciclo “Porte aperte sul progetto”, promosso dall’azienda Dierre.
Il tema della serata è stato “Alberghi: stupore onirico o effetto terminal?”. Qui è possibile vedere il video della serata.
La responsabile marketing Laura De Robertis introduce il seminario presentando il Gruppo Dierre, azienda specializzata nelle chiusure, i cui ultimi obiettivi sono rivolti a fornire ai progettisti gli strumenti per realizzare le loro idee, operando da un punto di vista funzionale, estetico e tecnico. Materiali come la pietra, il legno o il tessuto, che fino ad alcuni anni fa erano impensabili come rivestimenti per gli infissi, costituiscono oggi un tema importante perché la porta è intesa come un complemento d’arredo. Le porte Dierre, essendo certificate in tutta Europa, permettono delle scelte estetiche in risposta anche alle istanze ambientali ed energetiche. L’azienda nasce nel 1978 lanciando la prima porta di sicurezza industrializzata e nel corso del tempo è cresciuta, cercando di stare sempre al passo con i tempi: negli anni ’90 è arrivata a contare sette stabilimenti, rivolgendosi a tutto il campo delle chiusure; nel 2008 l’attività pubblicitaria è stata affidata allo studio Armando Testa. Oggi l’obiettivo principale è esaltare uno degli emblemi del Made in Italy, ovvero la sapienza artigianale. Dierre da tempo lavora moltissimo, fornendo le strutture alberghiere, tipologia architettonica in cui il tema della porta presenta moltissime sfaccettature, dallo spazio della reception in cui il cliente riceve la prima impressione, fino alla porta della propria stanza.
La parola passa quindi a due progettisti che operano nel campo alberghiero: l’ingegnere Paolo Facchini, Presidente di Lombardini22 e l'architetto Daniele Beretta.
Per Paolo Facchini sono tre le chiavi di lettura per approcciare il tema dell'ospitalità:
- Capire la visione dell’investitore e del brand
- Interpretare l’aspettativa del target
- Rispondere al contesto culturale nel quale si opera
L’Armani Hotel, realizzato in via Manzoni a Milano, è un progetto che è stato voluto da Emaar, investitore degli Emirati Arabi. Il target è ovviamente molto alto, amante della moda e del lusso, prevalentemente straniero e soprattutto curioso di ‘provare’ il lifestyle Armani a tutto tondo. Il processo progettuale di Lombardini 22 comincia dalla ricerca di alcune parole chiave utili a stimolare le idee per il processo creativo. Su 20 mila metri quadri totali, quelli destinati alle stanze sono 7 mila mentre 2.700 sono quelli destinati agli spazi di supporto (lobby, meeting). L’aspetto interessante dell’edificio è che il cantiere è andato avanti per cinque anni senza che la città se ne accorgesse: lo spazio interno è stato demolito e ricostruito: il tutto, potremmo dire, con la tipica discrezione Armani. Nel frattempo infatti la boutique, il bar e la libreria al piano terreno sono stati sempre aperti. Il secondo caso studio è il Kempinsky Hotel in Kurdistan, appartenente a una catena svizzera, molto attenta a costruire i suoi alberghi in relazione ai caratteri dei luoghi. I 30mila metri quadri accolgono spazi molto diversi tra loro: da una sala per le feste che occupa un intero piano rivolto per lo più ad eventi speciali e matrimoni, a un business center dall’accesso riservato.
Il terzo caso è un progetto che non si è sviluppato ma risulta interessante poichè localizzato su di un pendio in un isola thailandese, il Koh Tao Resort. Il cliente inglese, Transun travel, è specializzato in viaggi in cui si vuole offrire al cliente un’experience unica.
Avendo visto tre alberghi ci si chiede quindi, qual è l’albergo perfetto? Facchini sostiene che la perfezione è ovviamente relativa alla visione particolare del cliente e sta al progettista interpretare e realizzare questa visione.
Rimanendo in territorio milanese, un’altra esperienza è l’Hotel Nhow in via Tortona, realizzato da Daniele Beretta (in collaborazione con Matteo Thun che ha curato il progetto degli interni), architetto che vanta il progetto di molti dei locali notturni milanesi. L’idea del progetto, che strizza l’occhio al Beaubourg di Piano e Rogers, appartiene a un giovane 29enne che decise di investire su di un sistema di edifici industriali della General Electric siti agli inzizi del 2.000 in una parte di città che stava cambiando vocazione, grazie al Salone del Mobile e all’industria della moda. Le 250 camere sono state ricavate mediante dei tagli sulla massa dei volumi industriali, creando svuotamenti a tutta altezza e connessioni visive tra i diversi piani. E’ stata ricavata una strada interna per permettere di accedere più facilmente alle stanze.
I pozzi di luce che sono stati ricavati all’interno della massa costruita permettono una elevata permeabilità, creando una simultaneità di percezioni. Ironicamente Beretta racconta infine qualche anedotto sui dettagli, per esempio sulla scelta di inserire delle cascate di acqua nella reception, rimosse dopo poco tempo, perché fastidiose per il personale. In questo senso i desideri del committente sono stati messi in pratica dall’architetto, che con l’azienda specifica ne ha studiato i dettagli.
Su questo punto il Sales Area Manager di Dierre Massimo Putelli, conclude sottolineando quanto sia importante, da parte dell’Azienda, di trasmettere i propri prodotti per realizzare l’idea del progettista, a sua volta mediata rispetto alle esigenze della committenza. La modalità catalogo viene quindi sempre meno per lasciare spazio a una quanto più possibile personalizzazione del prodotto, unita ovviamente a processo industriale e certificazioni.
Appuntamento quindi a mercoledì 13 Novembre per il secondo incontro, sul tema degli uffici, tra privacy e condivisione.