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Social housing in tempo di crisi

From 03.10.2013 to 03.11.2013

Come si conciliano il progetto e la costruzione di housing sociale con le difficoltà emergenti dalla crisi? Pubblichiamo un resoconto del convegno che si è tenuto il 2 Ottobre all'interno della fiera Made Expo

Come si conciliano il progetto e la costruzione di housing sociale con le difficoltà emergenti dalla crisi? Questo il tema principale del convegno "Social housing in tempo di crisi", tenutosi il 2 Ottobre 2013 all'interno della fiera Made Expo a Milano.
Giuseppe Biondo, direttore della rivista Modulo che ha organizzato l'incontro, imbastisce il dibattito chiedendo agli ospiti di individuare delle strategie e dei percorsi di riqualificazione economica utili a sviluppare e rilanciare il mercato dell'housing sociale in Italia.

Il primo dialogo avviene tra Livio Cassoli - responsabile investimenti CDP- Cassa Depositi Prestiti - investimenti Sgr (che di fatto rappresenta lo Stato, cioè committenza che investe) - e Andrea Sica - Fondo Polaris Sgr - uno degli attori che collabora con la Cassa che, partendo della selezione dei progettisti e dei progetti, li accompagna nelle diverse fasi operative. Quali sono i rischi maggiori? Certamente l’aumento dei costi di costruzione e per esempio il fallimento di un fornitore in corso d’opera: è raro ma è capitato che fallissero i fornitori dei serramenti. Il periodo di vendita degli alloggi è un aspetto che lascia molto all'imprevisto: l'ipotesi di sei mesi può facilmente sforare i due anni.
Da chi partono le iniziative? Da diversi attori, magari dagli stessi architetti che in un certo Comune conoscono un’opportunità di costruire. Polaris si occupa della selezione di architetti ed imprese cercando di costruire un albo aperto. Nel caso concreto, se un architetto propone un’iniziativa la si valuta insieme al suo curriculum e alle opere costruite, per vedere se passa il "controllo qualità". Motivi di insoddisfazione? La crisi presenta due facce della medaglia: alcuni non sopravvivono mentre altri cambiano in meglio.

La flessibilità del progetto è un altro tema e conditio sine qua non: è utile prevedere che in corso d’opera si possano per esempio modificare i tagli degli alloggi. La parola quindi passa agli architetti, che alla parola flessibilità non si possono certo esimere dall'offrire un contributo. Alla luce dei tempi che corrono, chiede Giuseppe Biondo, come si può configurare un alloggio in proiezione?
Riccardo Roda - Res architetture Firenze – ricorda come storicamente lo IACP avesse costruito una filiera consolidata con le imprese del settore, contribuendo a garantire una certa qualità di progetto, rapporto poi interrotto per diversi circostanze. Una soluzione possibile potrebbe essere quella di Polaris che cerca alleanze con cooperative esperte. Andrea Sica ha risolto per esempio il problema di contenimento dei costi costruendo un network di esperti fidati affidando per esempio i computo metrici a società fidate e collaudate con il tempo, riuscendo a definire un prezzario di riferimento consolidato.

Per Giancarlo Pavoni, architetto torinese, il guadagno è certamente auspicabile ma l’obiettivo primario è rispondere ai bisogni. Le cooperative si rivolgono al social per rispondere a determinate domande che non hanno risposta nel libero mercato.

La finalità “social”, secondo l'architetto romano Andrea Giunti, deve essere il punto di partenza e di arrivo. Il tema principale è la tipologia, cartina al tornasole dei cambiamenti dei bisogni e delle utenze. Se nel primo dopoguerra si sono dovuti coniugare i grandi numeri con la rapidità di costruzione, nel tempo l'abitare sociale ha rispecchiato il desiderio di ascensione sociale: negli anni ’70 si è cercato di emulare l'edilizia borghese costruendo a Roma, per esempio, un tessuto edilizio composto da palazzine. Oggi c'è invece un ritorno a una visione più collettiva legata a bisogni sociali: la conformazione famigliare è cambiata, le case sono più piccole e sembra esserci un ritorno alla casa razionalista in cui l'essenza degli spazi e l’essenzialità del vivere.

Qual è l'utenza principale dell'housing sociale contemporaneo? Livio Cassoli e Andrea Sica sono concordi nel sottolineare la diversità semantica tra casa popolare e housing sociale, errore commesso troppo di frequente. Il termine social si rivolge in sostanza alla generazione 1000 euro; a Milano infatti si affittano circa 100 mq a 600€. Riportando un caso reale, Polaris ha costruito a Crema un gruppo di 90 alloggi in cui tutti gli abitanti si conoscono ed organizzano attività collettive: risultato previsto dallo stesso bando che esigeva la diretta partecipazione delle famiglie con la volontà di costruire una comunità. In via Cenni a Milano le famiglie hanno collaborato invece sulla gestione di spazi comuni costruendo un forno per il pane.

Guardando agli interni, la tendenza è offrire un alloggio spoglio, rimandando al cliente l'onore degli arredi oppure si preferisce offrire una "casa chiavi in mano"? Emanuele Orsini – Federlegno arredo – afferma che il loro costo medio per arredare una casa di 100 mq si aggira sui 100-200 €/mq, offrendo un prodotto italiano di design di qualità. Nel 2010 stipularono infatti un accordo con Federcasa ma venne poi sospeso per via dell’IMU.

Per quanto riguarda i sistemi costruttivi, Biondo cerca di sondare dagli architetti le loro preferenze personali e sperimentate con la professione. Per Giunti non ne esiste una vera e propria, la quale semmai deriva dal genius loci. Pavoni si scontra invece con le imprese: l’architetto può anche proporre una struttura in acciaio ma spesso è la stessa impresa che storce il naso preferendo sistemi costruttivi più diffusi.

Dal pubblico viene posta una domanda in merito alla qualità dell’impresa costruttrice. Qual è il modo migliore per scegliere a chi affidare l’appalto e garantire qualità? Dal pubblico l’ingegnere Barbarossa – che per trentanni ha fatto parte dell’Aler – con qualche ricordo personale stimola i relatori su alcuni aspetti fondamentali della costruzione. Come affidare per esempio l’appalto sperando a un risultato di qualità? Per un progetto a Bolzano, chiese a quattro-cinque imprese di costruire un modello in scala così da poter scegliere il migliore con prove tangibili. Un altro aspetto profondamente cambiato negli anni è la struttura delle imprese: oggi giorno quella più grossa può forse contare su due-tre operai ed il resto va tutto in subappalto. Dovendo supervisionare i lavori per costruire dei parcheggi interrati in prossimità del Politecnico di piazza Leonardo da Vinci, ha visto circa quaranta ditte succedersi in continuazione.
Andrea Sica si mostra piuttosto riluttante riguardo al pre-campione, anche perchè se la prova può essere perfetta, non è detto che lo sarà l’intero progetto. Dalla sua esperienza personale non fa mai appalti al massimo ribasso ma guarda all’offerta più vantaggiosa, alle tempistiche e al cronoprogramma.

Concludendo letteralmente in “soldoni”, dal pubblico ci si interroga sul costo medio di costruzione. Il vero problema è la scelta del valore di riferimento cioè se applicare il costo totale sulla superficie commerciale, se escludere qualcosa o comprendere altro. Per Sica il riferimento è la superficie vendibile ed il range va dai 950 ai 1150 €/mq, comprendendo costo dell’area ed impianti. Per quanto riguarda il prezzo di vendita, in via Cenni, per esempio, gli alloggi sono stati venduti a 1,950 €/mq, che per Milano - sottolinea Sica – è  un ottimo prezzo.
 

Manuele Salvetti

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