From 30.01.2013 to 02.04.2013
Una lettera, un Accordo territoriale e un Bando le ragioni di questa intervista a Erika Freschi, dedicata alla costruzione di progetti di conciliazione famiglia e lavoro e welfare aziendale
Il periodo che stiamo attraversando non è, sotto l'aspetto lavorativo, dei più felici. Spesso l'esasperarsi con lo scarseggiare del lavoro dei rapporti all'interno delle strutture professionali medio piccole come sono quelle del nostro comparto, portano a situazioni di conflitto difficilmente gestibili.
Per questo, a seguito di una segnalazione di una nostra iscritta in merito a situazioni di licenziamento per maternità, alla manifestazione d'interesse del nostro Ordine nei confronti dell'accordo territoriale Comune / Provincia / Regione / Asl Milano / Camera di commercio sul tema conciliazione lavoro-famiglia, oltre che dalla pubblicazione di un bando Regionale dedicato al sostegno del welfare aziendale, abbiamo incontrato Erika Freschi, consulente di Variazioni Srl, società di consulenza rivolta a enti pubblici e società private, che si occupa della costruzione di progetti e iniziative di conciliazione famiglia lavoro e welfare aziendale, per migliorare il benessere lavorativo e la produttività.
Le abbiamo chiesto di darci alcune indicazioni e approfondimenti utili alla pratica professionale: da una parte per fornire strumenti utili agli iscritti per meglio conoscere iniziative di tutela del diritto al lavoro, come appunto il Bando regionale, dall’altro per meglio organizzare la struttura dello studio professionale sia nei confronti dei titolari che dei collaboratori/trici. Ma anche per ottimizzare la stesura dei contratti che sottoscriviamo collaborando con altri, anche con la committenza.
FdeA: Ci potresti spiegare meglio cos’è la conciliazione e quale ricaduta ha sul lavoro professionale?
EF: Per “conciliazione vita-lavoro” si intende – semplificando molto – la capacità delle persone di “tenere insieme” vita personale e lavoro, allo scopo di vivere al meglio i molteplici ruoli che ciascuno gioca nella società.
L’equilibrio non è sempre facile da costruire, né può essere definito una volta per tutte. È piuttosto un processo in continua evoluzione, risultato a sua volta degli scambi e delle interazioni tra sfera privata e lavorativa: ciascuna ha le sue esigenze, i suoi vincoli, coinvolge persone e tempi di vita diversi. Più che parlare di “ricadute sul lavoro professionale” è meglio focalizzare l’attenzione sui rapporti e la necessità del reciproco riconoscimento tra le due sfere. Non viviamo in compartimenti stagni, di fatto ciascuno di noi tiene insieme vita personale e professionale. Il problema è casomai come: come ci sentiamo, se stiamo bene nei nostri molteplici ruoli o se percepiamo conflitto, stress, incapacità di far fronte all’uno o all’altro.
FdeA: Quali strumenti già esistono e come è possibile accedervi?
EF: Il tema della conciliazione famiglia-lavoro occupa un posto importante nelle politiche di sviluppo sociali ed economiche dell’Unione Europea, dello Stato italiano e di Regione Lombardia.
A livello normativo sono lo stesso trattato di costituzione dell’Unione Europea (art 33) e la Carta Costituzionale italiana (art 3, art 4 e art 37) a sancire il diritto al lavoro di uomini e donne, la tutela della maternità e la rimozione di ogni ostacolo che possa pregiudicare l’esercizio di tali diritti. Enunciazioni che vengono supportate da un quadro legislativo che a livello nazionale fa riferimento, per citarne alcune, alla legge 53/2000 “Disposizioni a sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, alla legge 125/1991 (sostanzialmente confluita nel dlgs 198/2006 “Codice delle pari opportunità tra uomini e donne”), alla legge 328/2000, alla legge 183/2010 (cd. “collegato lavoro”).
Regione Lombardia, oltre al recepimento della legislazione nazionale (l.r. 28/2004, l.r. 3/2008) e alle leggi regionali 23/1999, 22/2006 e 7/2012 sta promuovendo a vari livelli il tema della conciliazione vita-lavoro, inserendola nei programmi operativi dell’area socio-famigliare (DG famiglia) ma anche, ad es., economico-aziendale (DG industria).
Tra gli ultimi provvedimenti va sicuramente citata la DGR n. 221 del 25 ottobre 2012 “Misure a sostegno del welfare aziendale ed interaziendale e della conciliazione famiglia-lavoro in Lombardia”, a cui ha fatto seguito (con DDUO 13 dicembre 2012, n. 1238 “Approvazione delle indicazioni per la partecipazione ad iniziative di welfare aziendale ed interaziendale e alla dote conciliazione servizi alla persona”) l’apertura di un bando che finanzia due linee di azione:
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la prima rivolta alle imprese, per il sostegno di iniziative di organizzazione del lavoro family friendly e di welfare aziendale
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la seconda rivolta alle famiglie, per facilitare l’accesso ai servizi, promuovere il diritto al lavoro dei neo genitori e ridurre il fenomeno delle dimissioni delle lavoratrici madri nel primo anno di vita dei figli.
Di interesse immediato per il vostro Ordine Professionale la seconda linea di finanziamento, a cui possono accedere anche libere professioniste iscritte ad albi o alla gestione separata.
Da non sottovalutare, in ogni caso, anche la prima linea di intervento, che può essere proposta e fatta conoscere ad aziende clienti o a fornitori, a vantaggio delle/dei rispettivi dipendenti.
Il bando è piuttosto complesso e non è quindi possibile, in questa sede, entrare nei dettagli. Ma siamo disponibili, se ne emergesse la domanda, ad approfondirlo anche attraverso seminari che è possibile organizzare anche presso la vostra sede
FdeA: Come possibile tutelare i propri diritti se non ci sembra siano rispettati? Puoi farci un esempio pratico?
EF: Parliamo di diritto al lavoro e del principio di non discriminazione, a cui il tema della conciliazione è strettamente legato, dal momento che spesso, purtroppo, è su questo campo che si gioca l’effettiva possibilità di restare nel mercato del lavoro e di non subire discriminazioni.
L’esempio più intuitivo, sebbene non sia l’unico possibile, è connesso alla maternità, a quanto cambiano le condizioni di lavoro per una donna che rientra dopo una gravidanza, sia dal punto di vista delle sue ovviamente mutate esigenze, legate alla cura di un figlio piccolo, sia da parte del datore di lavoro o committente.
Cosa si può fare? Anche qui molto dipende dai casi individuali. A volte è sufficiente affrontare la situazione con i propri interlocutori, cercando soluzioni condivise. A volte si arriva alle vie legali. Appunto, dipende.
Un suggerimento generale potrebbe essere, pensando anche al ruolo dell’Ordine, di far emergere le esperienze individuali, positive o negative, dare loro visibilità: a partire da lì si crea cultura, sensibilità all’argomento, si può anche ragionare su aspetti specifici della deontologia professionale. E soprattutto si porta la ricerca delle soluzioni da un piano individuale ad uno collettivo/organizzativo, entrambi necessari per individuare soluzioni efficaci per la singola persona e replicabili in futuro per altri.
a cura di Francesco de Agostini e Alessandra Messori