From 05.09.2012 to 06.10.2012
Pubblichiamo il resoconto della Lectio Magistralis dell'architetto cinese Pritzker 2012 Wang Shu, tenuta il 4 settembre presso la Triennale. Tra tradizione e spinta verso la modernità
Il 4 settembre 2012 la Triennale di Milano ha ospitato una Lectio Magistralis del Pritzker 2012 Wang Shu, architetto cinese fondatore - con la moglie Lu Wenyu - dello studio Amateur Architecture. Insieme alla conferenza è stata inaugurata la mostra di progetti di architetti cinesi "From research to design. Selected architects from Tongji University of Shanghai" organizzata dal Corso di Laurea in Ingegneria Edile/Architettura dell’Università di Pavia, insieme alla stessa Triennale (fino al 23 settembre 2012).
Un Salone d’Onore gremitissimo ha offerto ai numerosi studenti, docenti e professionisti presenti, una riflessione sul rapporto tra architettura contemporanea e tradizione in un Paese in cui il continuo demolire e costruire grandi parti di città è una pratica pressoché quotidiana.
Claudio De Albertis, Presidente della Triennale ha introdotto la lecture ricordando che molti Prizker Prize sono già stati ospitati presso l'istituzione milanese.
Angelo Bugatti, Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Edile/Architettura dell’Università di Pavia, promuove l'evento sottolinenando l'importanza della ricerca, ben presente nell'opera degli architetti cinesi selezionati per la mostra. Molto spesso essi sono costretti a operare in un contesto difficile, in cui il "nuovo" colonizza il territorio stupendo con "stranezze". Le opere di Wang Shu sono invece, secondo Bugatti, costruzioni misurate che giocano con la luce.
Wang Shu è introdotto dal Prof. Zheng Shiling, Membro del Chinese Academy of Sciences, che, ricostruendo brevemente i caposaldi e i caratteri dell'architettura cinese mostra una carrellata di immagini: dalle costruzioni sacre con coperture a pagoda fino a caposaldi moderni di Pei e di C.Y. Lee Architect Inc. Dalle opere traspare un forte radicamento con le forme tradizionali cinesi e una continua ricerca in campo tecnologico e costruttivo.
La presentazione di Wang Shu alterna temi architettonici e interrogativi sul ruolo dell'opera contemporanea.
Leitmotiv della sua pratica progettuale è il tema del riciclo dei materiali di costruzione; ognuno di essi, oltre a raccontare una propria storia, si fonde con gli altri per costruire qualcosa di nuovo. Gli ultimi dieci anni sono stati per la Cina un periodo di forte cambiamento, nel corso del quale diverse “mode” hanno colonizzato il progetto del nuovo, demolendo spesso la stessa storia. La matrice dei progetti di Shu offre invece una mediazione tra tradizione e modernità, mondi che secondo l’architetto possono e devono convivere.
A seguito delle frequenti demolizioni, parziali o totali, è inevitabile che il tema della rovina acquisti importanza, anche se è abbastanza usuale e non desta preoccupazione. Wang Shu, al contrario, trae un prezioso insegnamento dalle macerie, al punto da tenervi le sue lezioni con gli studenti di architettura. Alle volte anche solo un piccolo dettaglio di un muro di cinta può raccontare una pratica costruttiva che magari si sta perdendo: è proprio in questo contesto di opposizioni e contrasti che può nascere una nuova creatività.
Il disegno a mano è una pratica fondamentale. L'architettura nasce dal disegno a mano libera. Il computer viaggia ad una velocità maggiore del cervello e non lascia il tempo al ragionamento. Il disegno è meditazione. Il segno è comunicazione. Questo, insieme alla costante presenza in cantiere, colloca Wang Shu in una posizione assai lontana da numerose archistar (dal sito chinese-architects.com risulta che il numero dei dipendenti è di quattro).
Tra le opere presentate, l'installazione "Tiled Garden" ai Giardini alla Biennale di Venezia del 2010 è importante perchè manifesta al meglio la pratica dello studio. In soli tredici giorni sei architetti e tre artigiani hanno costruito una grande copertura formata da tegole riciclate sorrette da una struttura di bamboo, il tutto ad altezza uomo. Un piccolo percorso permetteva al visitatore di osservare una possibile copertura di un edificio da un punto di vista inusuale e allo stesso tempo poterne comprendere la struttura.
Il Museo di Storia di Ningbo (2003-2008) colpisce invece per il contrasto tra l'enorme massa inserita in un grande spazio aperto. La sperimentazione materica è molto interessante: le facciate alternano parti costruite in cemento e parti composte da pietre riciclate, comunicando al tempo spesso la tradizione cinese costruendo il nuovo.
La città di Hangzou - sede dello studio - rappresenta un esempio urbano chiave dell'espansione cinese. In trent'anni la città è cresciuta di circa dieci volte, erodendo la natura circostante. Inevitabile chiedersi come si è posto Wang Shu di fronte a questa velocità. Il complesso di torri per appartamenti "Vertical Courtyard Apartments" (2006) ragiona sul tema della densità costruendo un sistema di spazi comuni ogni sei famiglie: un tentativo per filtrare vita privata e pubblica.
Il carattere sperimentale dello studio emerge al meglio nel Padiglione per l'Expo di Shanghai, dal tema: "Better city, better life". Per questo progetto sono state disegnate solo sezioni e nessuna pianta. Il padiglione, tipo architettonico di per sè temporaneo, si interroga sul concetto di espansione e trasformazione. Ogni sezione corrisponde infatti a una quinta muraria interrotta da un'apertura che, sommata alle altre, crea un percorso e un sistema di spazi di diversa natura. Emerge in questo senso l'amore per la piccola scala, in un'epoca in cui tutto è big: per Wang Shu è alla scala umana che si possono apprezzare le texture ed i materiali. La cura del dettaglio è comunque ben presente anche negli interventi alla grande scala: a Xingsham, Wang Shu costruisce dal 2004 al 2007 il China Academy of Art, un grande campus in cui i diversi padiglioni costruiscono un variegato sistema di spazi.
Infine, un grande interrogativo non può che ruotare intorno al destino della Cina. Per secoli il tempo, la memoria e il paesaggio hanno scandito le costruzioni e i villaggi; un'eredità che sembra sgretolarsi dinanzi a uno sviluppo urbanistico assai frenetico.
Le parole ma soprattutto i gesti e quindi le opere di Wang Shu hanno offerto al contrario un momento di respiro, una pausa di riflessione nel tentativo di stabilire una fertile relazione tra tradizione e modernità.