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Quartiere San Felice

Anno:  1967 - 1975

Località: Segrate, Sud

Indirizzo: via Rivoltana, Strada Provinciale 160

Destinazione d'uso: Quartiere residenziale

Progettista: Ludovico Magistretti, Luigi Caccia Dominioni, Giorgio Pedroni

Quartiere Milano San Felice

Milano San Felice (1965 – 1969) nasce da un’idea imprenditoriale di Giorgio Pedroni1, che con intelligenza e sensibilità affidò il progetto a due indiscussi maestri dell’architettura italiana2. Luigi Caccia Dominioni e Vico Magistretti definirono un Masterplan dal sapore e disegno organico3, sviluppato da Magistretti per le torri e da Caccia Dominioni per le residenze (ville e schiere) e il verde; raffinati progettisti che mantengono una dimensione autoriale senza perdere la visione unitaria, espressione di una condivisa e robusta sensibilità urbana, nonostante la non perfetta coincidenza fra progetto generale e sua realizzazione4. San Felice rappresenta un esempio ante litteram di gated community residenziale, destinato alla borghesia milanese, tranquillo e sicuro, dotato dei servizi essenziali, ma fuori dalla citta? e con elevata qualità paesaggistica e ambientale Un quartiere – giardino a media – bassa densità, 60 ettari per 8.000 residenti, progettato con una chiara distinzione dei percorsi ciclo – pedonali e automobilistici, nel quale la presenza del verde diventa elemento pervasivo e caratterizzante.

La struttura del disegno urbano è rappresentata da una strada ad anello rivolta verso il lago Malaspina, al cui interno il suolo è modellato e raccordato alla viabilità con gradinate e ripe erbose, dove trovano spazio i principali servizi (la chiesa, i negozi, il centro commerciale, i parcheggi e le autorimesse private). Sull’anulare s’innestano le strade a fondo cieco e andamento sinuoso, con percorsi ciclabili e pedonali, che servono le residenze. Il modello insediativo è fondato sulla ripetizione di tre tipi edilizi: torre, schiera, villa. Le torri (8-9 piani, coperture piane in rame), distribuite prevalentemente all’interno della strada anulare, hanno pianta a croce, travi e pilastri d’acciaio, con box interrati; sono rivestite con pannelli di cemento grigio e hanno infissi rossi: pur nel loro linguaggio asciutto, presentano balconi aggettanti5

Sulle ombreggiate strade a fondo cieco sono disposte “a crescent” le palazzine a schiera (da 2 a 6 piani, coperture a falde in rame), con infissi bianchi6, realizzate con travi e pilastri in cemento armato e i cui box sono delimitati da muri a sperone; verso le aree interne - i golfi verdi - si aprono balconi, logge, ampie vetrate. In posizione più arretrata, sul margine sud del quartiere, sono localizzate le ville, su due piani e di color mattone, protette e immerse nel verde privato. Prospicienti il lago Malaspina, sono collocate le aree sportive e ricreative, mentre completano il quartiere l’edificio della portineria centralizzata (dalla forma ellissoidale con struttura in cemento armato e copertura in lastre di rame), con a fianco gli uffici amministrativi e le scuole. Un'unica centrale termica - in corso di riqualificazione con il teleriscaldamento - alimenta il quartiere.

 

Paolo Galuzzi



[1] “Vivere oggi, con il gusto di ieri, la vita di domani”. L’ingegner Giorgio Pedroni (1921 - 2011), progettista e imprenditore milanese, realizzò alcuni interessanti edifici del professionismo colto milanese (fra gli altri, la Casa di cura San Pio X; il complesso residenziale compreso fra le vie Moscova, Marsala e Corso Garibaldi; l’ex industria Bianchi per la parte compresa fra le vie Pascoli, Plinio, Bronzino). Anche se il paragone appare azzardato, il riferimento progettuale era Pearly 2 (1967), una vera e propria ville nouvelle (7.500 alloggi e 18.000 abitanti, la più vasta comproprietà d’Europa),  tanto che il nome iniziale dell’operazione immobiliare era Paris 2; a fronte di alcune difficoltà iniziali nella commercializzazione, Pedroni vendette all’impresa di costruzioni della contessa Anna Bonomi Bolchini (Beni Immobiliari).

[2] Luigi Caccia Dominioni (1913 – 2016), raffinato interprete per la borghesia milanese della ricostruzione post – bellica; Vico Magistretti (1920 - 2006), uno dei padri del design italiano e architetto dallo stile semplice, elegante, misurato.

[3] La tradizione della città - giardino unitamente alle influenze architettoniche nordiche rappresentano i riferimenti espliciti del Masterplan: la planimetria generale dalle linee sinuose, la gerarchizzazione dei percorsi, il rapporto fra le costruzioni e il verde, una ricca articolazione delle offerte abitative – tipologiche per circa 3.500 alloggi (18 torri, più di 150 schiere, più di 100 ville).

[4] Fra il 1965 e il 1967 il Masterplan  vide il susseguirsi di almeno tre differenti versioni.

[5] Un linguaggio ripreso dall’edificio di Piazzale Aquileia (1962 – 1965).

[6] Caccia Dominioni disegna alcuni interni, gli arredi delle cucine (rosso Caccia), i bagni, le armadiature.