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Scuola per bambini ambliopici

Anno: 1955

Località: Milano, Lambrate

Indirizzo: via Clericetti 22, Milano

Destinazione d'uso: Edifici per l'istruzione

Progettista: Arrigo Arrighetti

Scuola per bambini ambliopici

Questa scuola fa parte di una serie di edifici voluti dal comune di Milano per  garantire a bambini affetti da varie patologie, che richiedevano una particolare attenzione, il diritto all’istruzione. In questo caso la scuola era destinata a bambini ipovedenti. Arrighetti osservava che era necessario procedere a particolari studi e sperimentazioni, condotte di comune accordo con i medici, per definire quali potevano essere le soluzioni più opportune, non essendovi né in Italia né in Europa alcun esempio e pubblicazione di esperienze di questo genere. Fino ad allora infatti ci si era limitati a raccogliere bambini con problemi affini in aule separate all’interno di scuole tradizionali. La prima di questa esperienze era nata nel 1938 a opera del professor Ragazzi, medico dell’ufficio di igiene del comune di Milano, che  aveva destinato ai bambini ipovedenti cinque aule presso il complesso scolastico di via San Calocero. Per affrontare adeguatamente questo progetto, Arrighetti si impegna a studiare, oltre al carattere distributivo della scuola, i requisiti necessari che devono avere i vari ambienti per assolvere al meglio la propria funzione. L’edificio assolve sia il compito di ambulatorio optometrico che di scuola., pertanto è diviso in due corpi.

Nel primo sono situati: la sala d’attesa, la sala per l’esame della vista, le sale con le attrezzature tecniche e un reparto per piccoli interventi oltre ai locali destinati al personale medico. La parte destinata a scuola dal punto di vista distributivo è simile ad un comune edificio scolastico, ma manca di un’aula per le attività collettive, inutile data la necessità di un’assistenza individuale continua. Inoltre le aule hanno dimensioni ridotte in quanto ospitano solo 10/12 alunni ciascuna. E’ presente tuttavia una sala per proiezioni di 250 posti illuminata e areata artificialmente. La necessità di avere un’illuminazione uniforme nelle aule anche con la luce naturale ha portato, attraverso sudi e modelli, a una forma inconsueta delle aperture illuminanti, che si collocano sul fronte e sull’alto, in una posizione di rientro, determinando così una forma a gradoni della copertura delle aule stesse.

L’atrio, i passaggi, i corridoi utilizzano oltre all’illuminazione generale, anche impianti speciali ottenuti tramite formelle tonde a camera d’aria in vetrocemento, collocate nel soffitto, per rendere più leggibili i percorsi. L’arredamento è pensato per adeguarsi al tipo di utenza, ad esempio i banchi sono a tavoletta mobile per consentire varie inclinazioni, le lavagne sono di colori differenti e collocate a diverse altezze per essere più facilmente raggiungibili, e i gradini delle scale sono rivestiti di gomma scura su cui  è posizionata una striscia bianca  per dare una più evidente linea guida.

Particolare attenzione è riservata all’uso del colore; le aule infatti erano in tinte pastello, avorio e celeste, mentre le grandi pareti avevano un fondo neutro, come i pavimenti. Questa scelta di toni neutri e riposanti aveva lo scopo di creare un ambiente privo di superfici contrastanti in cui prevalessero tinte facilmente leggibili.
Le fondazioni presentano muri continui in calcestruzzo mentre la struttura è in cemento armato con solai misti in cemento armato e laterizio. La copertura è diversificata a seconda dei diversi corpi: il corpo aule è in lastre di fibrocemento, mentre l’ambulatorio e il corpo dei servizi generali ha un piano di copertura piana a strati impermeabili. Il fronte su strada è caratterizzato da una netta divisione corrispondente alle due funzioni dell’edificio: una lunga parete in vetrocemento afferisce alla zona ambulatorio, mentre una parete in murature racchiude l’auditorium.