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Condominio in via Harar
Year: 1951 - 1955
Town: Milano, S.Siro
Address: Via Harar 7, Milano
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
Designer: Luigi Figini, Gino Pollini
“La tipologia è stata definita come lo studio degli elementi costanti o invarianti che sussistono in una serie di edifici di un determinato periodo storico. Tali elementi costituiscono un fatto continuativo che si ripete in costruzioni aventi un’analogia funzionale o formale” scrive Gino Pollini nel 1965-1966. Il progetto per il piano generale del quartiere Harar – elaborato da Figini e Pollini insieme a Gio Ponti – come pure la costruzione di alcuni degli edifici di cui esso si andrà a comporre, rappresentano una particolare riflessione sui diversi aspetti di questo tema: morfologia urbana, tipologia edilizia e tipologia costruttiva. Il piano muove dalla volontà di definire la nuova forma dell’isolato aperto, attraverso la composizione di edifici – alti e bassi – e la relazione che essi instaurano con lo spazio libero, verde e pubblico, posto al suo centro. Un disegno “a turbina” caratterizza la composizione di nove edifici in linea multipiano, sollevati da terra, che delimitano, senza chiuderlo, lo spazio centrale verde. Alle spalle, gruppi di case basse unifamiliari, si pongono, anch’esse, in relazione con lo spazio centrale. Figini e Pollini realizzano tre edifici: il corpo lungo la via Dessiè, alcune delle insulae composte dalle case unifamiliari e un centro sociale.
Il “grattacielo orizzontale” – come gli architetti lo definiranno – è rappresentato da un lungo edificio in linea (circa 150 m), composto di abitazioni in duplex di metratura variabile, distribuite a ballatoio. Due prospetti, molto diversi fra loro, ne definiscono il carattere: sulla città – a nord – il fronte è segnato, ogni due piani, solamente dalla lunga linea del ballatoio e dal leggero aggetto dei terrazzi in corrispondenza del livello della doppia altezza. Il fronte sud, invece, prospettando sul grande spazio centrale verde, si apre in un grande loggiato – il luogo della domesticità – definito, nella sua forma, dagli elementi della costruzione: un telaio strutturale di travi e pilastri in calcestruzzo a vista. Arretrata, rispetto al filo della loggia, si costruisce la facciata “tradizionale” della casa: una sequenza di finestre e portefinestre in grado di rendere evidente, dall’esterno, la composizione a doppia altezza dell’appartamento.
Il sottile telaio strutturale – già utilizzato dagli architetti nella precedente casa di via Broletto (1948) – è, prima di tutto, elemento rappresentativo del carattere dell’edificio: oltre alla sua funzione strutturale, esso modula la facciata variando di dimensione in funzione del variare della metratura dell’appartamento; realizza una sorta di frangisole per le finestre retrostanti dei soggiorni e, a livello della strada, definisce lo spazio pubblico del piano terra. Scrive Pollini nelle sue lezioni agli studenti: “La tecnica da sola non è condizione sufficiente per comporre dell’architettura e non può certo consentire la messa in ordine del mondo (…) La tecnica è però un mezzo, uno strumento indispensabile che dobbiamo cercare di possedere nel modo più ampio possibile (…) La tecnica riguarda le cose che il mondo fisico mette a disposizione perché un fatto spirituale possa essere espresso; ed è proprio nel tramite tecnico che avviene la sintesi di quanto, sia soggettivo che oggettivo, nell’opera d’arte converge”.
Vittorio Savi (a cura di)
Electa, Milano, 1990
Gino Pollini
Archivio Cattaneo, Cernobbio, 2009
Sara Protasoni
Electa, Milano, 2010
Raffaella Neri
in Luciano Semerani (a cura di) La Casa. Forme e ragioni dell’abitare, Skira, Milano, 2008