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Casa in via Marchiondi
Anno: 1949 - 1955
Località: ,
Indirizzo: Via Marchiondi 7, Milano
Destinazione d'uso: Edifici residenziali
Progettista: A. Castelli Ferrieri, I. Gardella, R. Menghi
La casa d’abitazione ai “Giardini d’Ercole” deve il proprio nome al Giardino dell’Arcadia di pertinenza del settecentesco Palazzo Melzi, distrutto dagli eventi bellici, che affacciava con il proprio fronte “cittadino” su Porta Romana e si rivolgeva, all’opposto, sul bellissimo parco privato all’interno di quale sorgeva la settecentesca statua di Ercole che uccide il leone.
Un palazzo e giardino storico con essenze antiche e di notevole pregio tanto che, uno degli alberi che occupava l’area destinata ad ospitare il nuovo edificio residenziale di 8 piani e 15 alloggi, di cui erano stati nel frattempo incaricati Gardella, con Anna Castelli Ferrieri e Roberto Menghi, non fu abbattuto. I progettisti decisero infatti di adattare il progetto salvaguardando l’albero, con il risultato di far passare attraverso un balcone un grosso ramo e modificando il profilo del balcone superiore in modo da far passare indenne il ramo che sarebbe cresciuto senza impedimenti. Grazie al prospetto di accesso caratterizzato dalla sovrapposizione di balconate continue e variabili in profondità rispetto alla divisione degli interni, i progettisti hanno ottenuto una sovrapposizioni di ville tra il verde in una condizione metropolitana di estrema modernità. Si accede da via Marchiondi attraverso una stretta strada tra gli alberi e prima di poter leggere il prospetto, tra le fronde, si è già giunti al cospetto di una serie di pilastri inclinati (per permettere l’adeguata manovra delle auto) in cemento a vista martellinato che, svuotati di ogni tamponamento, come dei pilotis, sostengono l’edificio, segnano i parcheggi e introducono al piano terreno con l’atrio, la portineria e un piccolo delizioso appartamento con giardino. Tutto è disegnato con maestria di dettaglio, i corrimano verniciati di bianco come i serramenti metallici della vetrate, il pomello in ottone galleggiante nel vetro così come l’intero l’atrio pavimentato di candido marmo bianco, dalle pareti a stucco veneziano di un verde settecentesco; qui l’affaccio della portineria dalla sagoma che sarà quasi il logo della casa stessa, a cui si affianca un’inusuale sala riunione arredata con tavolo e sedie Azucena.
All’esterno una pelle di piastrelle in clinker di color bruno-viola (la leggenda vuole un errore del produttore che le bruciò confe1rendo l’effetto quasi opaco e la clorazione intensa e irregolare) avvolge il fronte principale dell’edificio risvoltando irregolarmente sull’angolo e interrompendosi per dare spazio ad un intonaco civile rosa pronto ad avvolgere i restanti tre fronti.