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Ampliamento del Cimitero di Ponte Sesto

Anno: 1989 - 1995

Località: Rozzano, Est

Indirizzo: Via Di Vittorio

Destinazione d'uso: Monumenti commemorativi

Progettista: Aldo Rossi

Sul cimitero di Rozzano, che è un’opera piccola potrei scrivere molte cose anche paragonandole a quanto fatto a Modena. Purtroppo esso è vicino ad un cimitero orribile degli anni ’60 e non ha certamente vicino il cimitero del Costa e quello degli ebrei di Modena

[Aldo Rossi, Quaderno Azzurro 38, 20 ottobre 1988 - 27 febbraio 1989, in: Aldo Rossi, I Quaderni Azzurri 1968-1992 (a cura di Francesco Dal Co), Electa/The Getty Research Istitute, Milano 1999]

 


Dopo il progetto per il cimitero di San Cataldo a Modena (1971-1978), Aldo Rossi continua a confrontare la sua architettura con il tema della morte anche nel più domestico territorio lombardo. In un continuo parallelo tra casa dei vivi e casa dei morti a Giussano, Rozzano e Lambrate, l’architetto milanese immagina di dare forma a quel senso civile della morte che, nell’adesione realista al carattere milanese, si fa luogo della città, di cui riproporre la natura più profonda.
In questo senso il progetto per l’ampliamento del cimitero di Rozzano si definisce prima di tutto nella costruzione di una strada, un viale che collega l’ingresso del cimitero alla piccola chiesa collocata al suo interno. Come spesso, nel lavoro di Rossi, la regola urbana diventa metafora da cui trarre il significato più generale del progetto.

 

Pochissimi segni compongono l’ampliamento, che raddoppia senza rumore la superficie del cimitero esistente, cercando di mimetizzarsi con il territorio circostante: un percorso, definito da una sequenza di edifici porticati in linea che ospitano i colombari e degradano, da due ad un piano, avvicinandosi alla cappella, per accentuare la forza prospettica e la percezione del percorso e due edifici collettivi che, assecondando il disegno generale, si dispongono a segnarne i fuochi. Cappella e crematorio si distinguono dai luoghi per la sepoltura rappresentando il rito della morte. Nessuna pretesa monumentalità sembra essere ricercata in questo progetto, al contrario un carattere domestico, intimo e popolare stabilisce la cifra della composizione generale, fatta eccezione per la definizione dei luoghi centrali che assumono necessariamente un valore civile, collettivo. Il viale, quasi perfettamente simmetrico, si conclude con la cappella e nell’interruzione mediana si modifica per accogliere il crematorio, luogo di filtro tra il viale stesso, più urbano, e il luogo per le sepolture a terra, legato al paesaggio rurale. Questo spazio, racchiuso da un vecchio muro di mattoni lombardi, è il luogo che nei primi schizzi di progetto si pensava potesse accogliere anche alcune cappelle gentilizie, Rossi lo rappresenta in molti disegni preparatori riprendendo e anticipando gli studi per le cappelle di famiglia di Giussano (1980) e Lambrate (1995). Lo studio di forme geometriche pure, unite all’iconica idea di casa, definiscono a distanza di quindici anni entrambi i progetti per le tombe di famiglia, ma se a Giussano la sezione interna esprime il racconto monumentale della morte, reso espressivo dalla ricostruzione lignea di una porta romana, al contrario la spogliazione di ogni intento decorativo e monumentale scolpisce la piccola casa-tomba di Lambrate nella sua forma perentoria di parallelepipedo con tetto a piramide. Mattoni, pietra, ferro, il materiale è sempre ciò che segna l’appartenenza fisica al territorio lombardo.

 

Claudia Tinazzi