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Year: 1958 - 1964
Town: Milano, Pagano
Address: via Paolo Giovio 41
Destinazione d'uso: Edifici per il culto
Designer: Ponti, Fornaroli, Rosselli
G. Ponti
in «Il Fopponino», n. 4, 1961
in «Fede e Arte», n. 10, 1962
A. Faccioli (a cura di)
Milano 1962
G. B. Montini
in Comitato Nuove Chiese di Milano (a cura di), Le sue chiese, Comitato Nuove Chiese di Milano, Milano 1964
L. Castoldi
in «Nuove Chiese», n. 2, 1968
Comitato Nuove Chiese di Milano, Milano 1969
M.T. Fiorio
Electa, pp. 362-363, Milano 1985
F. Irace
Electa, pp. 173-182 e p. 200, Milano 1988
C. De Carli (a cura di)
in «Vita e pensiero», Milano 1994
G. Gramigna, S. Mazza
Hoepli, Milano 2001
M. A. Crippa, C. Capponi (a cura di)
Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2006
F. Irace
Motta, Milano 2009
La chiesa di San Francesco, commissionata nell’ambito del programma di ventidue opere celebrative del Concilio Vaticano II, s’inserisce in un tessuto urbano molto denso entro cui Ponti cerca di isolare la costruzione sacra anteponendole una piccola piazza pubblica. La costruzione ha una pianta ad esagono asimmetrico, che richiama il concetto di forma finita e – in maniera diretta – lo sviluppo planimetrico già adottato per il grattacielo Pirelli. L’elemento distintivo del progetto è la facciata verso via Giovio che, allungandosi oltre i confini del corpo di fabbrica, va a saldare la chiesa vera e propria agli adiacenti edifici parrocchiali, consentendo a Ponti di organizzare una sorta di palcoscenico urbano per i rituali religiosi. Il prospetto presenta quattro finestre aperte sul cielo, che nella loro disposizione reiterano la forma prediletta del diamante, utilizzata anche per le aperture centrali ritagliate nel forte spessore murario. Chiuse da vetrate realizzate da Cristoforo De Amicis negli anni Settanta, queste sottili fenditure ad andamento verticale generano un interessante gioco di luci ed ombre sull’intero prospetto, accentuato dal rivestimento in piastrelle ceramiche a punta di diamante, che danno vita a numerosi riverberi.
All’interno viene riproposta la scansione spaziale già adottata nella chiesa di San Luca, con un’ampia navata centrale affiancata da due navate laterali, da cui l’invaso principale è separato grazie alle fila di pilastri a sezione variabile in cemento armato che, rastremandosi, vanno a saldarsi con le travi del tetto a capanna. Come nel caso del tempio di San Luca, gli spazi per le attività parrocchiali sono ospitati nel seminterrato e tutti gli arredi, le suppellettili sacre e persino le vesti liturgiche (alla maniera di Henry van de Velde) sono disegnate da Ponti, che sovrintende anche alla definizione degli apparati artistici e decorativi realizzando in prima persona una via Crucis in ferro battuto. Nel loro insieme, questi elementi contribuiscono notevolmente ad avvicinare l’edificio al concetto di opera d’arte totale enunciato da molti artisti e architetti Art Nouveau. Il motivo delle finestre traforate a diamante si estende anche alle facciate degli annessi parrocchiali, realizzando un riuscito effetto di dilatazione spaziale che richiama il concetto d’illusività, intesa come trasposizione – per le vere opere artistiche – dei valori materiali in illusioni ottiche. Per la chiesa di San Francesco era stato redatto anche un progetto di Giovanni Muzio, risalente al 1958 e documentato da un plastico.