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Monumento alla Resistenza

Anno: 1962 - 1963

Località: Sesto San Giovanni, Centro

Indirizzo: piazza della Resistenza

Destinazione d'uso: Monumenti commemorativi

Progettista: P. Bottoni, A. Praxmayer

 

Lontanissimo dalla retorica di tante opere commemorative della lotta partigiana, il Monumento alla Resistenza di Sesto San Giovanni è un muro figurato, che si snoda per 35 metri, acquistando slancio lungo un percorso in salita (da quota 0 a quota 4,50). Il muro – ha scritto Piero Bottoni – racconta le alterne vicende della Resistenza dal 1922 alla Liberazione del 1945 in «forma piana e popolare per aneddoti, con lo schema che è proprio, ad esempio, delle “Viae Crucis”»: una successione di grandi formelle in cemento, in cui l’arte antica del bassorilievo si coniuga nella parte centrale con la moderna scultura astratta del ferro a segnalare l’episodio drammatico dei campi di concentramento e, a conclusione, una grande scultura rappresentante la Vittoria. Il senso dell’opera sta tutto in quella «forma piana e popolare» (P. B.). Il monumento non trascura il sentimento collettivo dell’abitare. Anzi, si fa mezzo per trasformare un luogo insignificante in un cuore urbano memorabile in cui possa riconoscersi la comunità operaia uscita vittoriosa dalla guerra. Non separando, come nella migliore delle tradizioni, architettura e scultura, il muro figurato è pensato infatti come parte costitutiva del progetto del nuovo Palazzo del Comune, verso cui, non a caso, è rivolta la grande statua della Vittoria.

 

Sia pure in forme meno naturalistiche, più vicine alla arcaica espressività della scultura di Jenny Mucchi e di Marino Marini, la Vittoria possiede la stessa immediata comunicativa della statuaria ottocentesca propria del Romanticismo maturo. La ricerca di semplificazione formale non si traduce in astrazione dalle immagini che ne rendono chiaramente riconoscibile il significato. Al contrario, la gioia per la riconquistata libertà e il desiderio di pace, che vi si accompagna, si traducono nella figura leggiadra di una donna dalle cui mani si libra un volo di colombe.

 

Quanto al muro figurato, sia le dimensioni sia i bassorilievi delle formelle sono privi, come la statua che lo conclude, di aulica imponenza. Nonostante l’opera sia dedicata «al ricordo dei sacrifici passati» (P. B.), è assente ogni forma di inquietudine. Il reticolo di fili spinati in metallo, a cui è affidato il ricordo doloroso dei campi di concentramento, è una presenza discreta. Il muro, affiancato da un sentiero, può così snodarsi sereno in un prato come una siepe in un parco. A richiederlo è la natura del luogo voluta da Bottoni: una piazza e un broletto coloratissimo, pensati per celebrare il piacere ritrovato del convivere civile.

 

Graziella Tonon