Caricamento...

Chiesa Mater Misericordiae

Anno: 1956 - 1958

Località: Baranzate, Ovest

Indirizzo: via della Conciliazione, 22/24

Destinazione d'uso: Edifici per il culto

Progettista: Angelo Mangiarotti, Bruno Morassutti, Aldo Favini

La chiesa è ascrivibile ai migliori esiti del dibattito sull’architettura sacra e la liturgia promosso dal cardinal Montini nel 1955. L’aula di 14 per 28 metri è elevata su un podio erboso a due metri dal piano di campagna ed è circondata da un muro perimetrale in calcestruzzo e ciottoli di fiume, lungo il quale sono incastonate le stazioni della via crucis realizzate da Gino Cosentino. Una cappella iemale e la sagrestia, completamente ipogee, sono allogati nel podio, accanto al fonte battesimale. Nella distribuzione degli spazi liturgici, dei percorsi e nella scelta dei materiali parrebbero ricorrere suggestioni mutuate tanto dalla tipologia delle chiese romaniche, degli oratori di campagna secenteschi e dall’immagine del tempio-tenda delle scritture, quanto dall’architettura tradizionale giapponese e dall’opera di artisti contemporanei quali Frank Lloyd Wright. Affiancato all’ampia rampa a gradoni inclinati, che guida il deflusso dei fedeli, l’accesso principale è collocato ai piedi di una rampa minore, digradante dal sagrato alla soglia vetrata del podio seminterrato. All’interno, dall’oscurità dell’andito la scala ascende all’aula, una bianca teca di vetro pervasa di luce diffusa. L’involucro verticale è sostenuto da sottili profili in acciaio che incorniciano pannelli sandwich di 90 per 270 centimetri. Realizzati in origine con una doppia lastra di vetro rigato, separata da un fragile foglio di polistirolo espanso, furono sostituiti da fogli di polietene bianco, accoppiati con lastre in policarbonato alveolare e vetro industriale armato. Separate dal pavimento e dalla copertura mediante una fascia orizzontale di vetro trasparente, le pareti biancastre fluttuano tra il piano del pavimento e le travi della copertura, mentre all’esterno trascolorano dall’abbagliante riflesso della luce solare a una opalescente trasparenza notturna.

 

La continuità dell’involucro è garantita dall’arretramento delle quattro colonne in cemento armato martellinato, che sorreggono due travi principali gettate in opera e sei travi secondarie longitudinali in cemento armato precompresso. Queste ultime sono composte da conci di cemento armato con sezione a X reversibile, prefabbricati e assemblati in opera con cavi di precompressione e cunei secondo il procedimento brevettato da Aldo Favini. La struttura si completa con copponi prefabbricati nervati, che disegnano sull’intradosso della copertura una teoria di lacunari romboidali. Al presbiterio in pietra, coronato da un altare in marmo di Levanto, si contrappone il coro in legno, retto da una esile struttura metallica agganciata ai pilastri. L’arredo originario comprende le panche per i fedeli, gli scranni per gli officianti, gli arredi fissi e gli armadi della sacrestia. Nel 1984 Morassutti eleva il campanile: un aereo traliccio composto da cinque telai parallelepipedi in acciaio Cor-ten sovrapposti, all’interno dei quali si dipana la spirale in alluminio naturale della scala di accesso alla cella campanaria. Il restauro, in corso, è stato affidato dalla parrocchia a un gruppo di progettazione che lo stesso Bruno Morassutti aveva di nuovo radunato attorno agli autori.

 

Stefano Poli