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Facoltà di Biologia

Year:  1978 - 1981

Town: Milano, Città Studi

Address: via Celoria 26

Intended use: Edifici per l'istruzione

All’interno del recinto universitario delle facoltà scientifi che defi nito dalle vie Celoria, Ponzio, Venezian e Golgi, Vico Magistretti progetta la nuova sede della Facoltà di Biologia dell’Università degli Studi. Tre tozzi edifi ci a torre, di sette piani, ospitano le attività di ricerca, ovvero i dipartimenti e i laboratori. La caratteristica copertura a piramide in rame, da cui sporgono quattro grandi camini in cemento a vista, diventa un elemento di forte riconoscibilità per la nuova sede universitaria. La geometria primaria delle coperture è un elemento ricorrente nelle architetture dell’ultimo periodo di Magistretti, ad esempio nella Scuola media a San Daniele (1976-78) o nella casa Tanimoto a Tokyo (1985-86). Nel caso di via Celoria, però, oltre a defi nire un’immagine fortemente riconoscibile, la soluzione si presta a risolvere con semplicità – e non senza una certa ironia – la necessità di ospitare una grande quantità di impianti tecnologici nel sottotetto.

 

La struttura in cemento armato è tamponata da pannelli prefabbricati in cui Magistretti dimostra la sua padronanza dei processi di industrializzazione, calibrando con attenzione spessori, profi li e giunzioni. Lo sforzo di aggiornamento tecnologico, tuttavia, non viene esibito in quanto tale, al contrario è ricondotto all’interno della logica compositiva delle facciate. La policromia delle torri, ed in particolare i tondi di color oro e gli inserti in ceramica bianca, impreziosiscono l’austerità delle torri, suggerendo, come è stato osservato, una suggestiva immagine dei laboratori come scrigni istoriati a protezione del tesoro della ricerca. Alla base delle tre torri si trova l’atrio – illuminato da una copertura sempre piramidale, ma completamente vetrata – che dà accesso a tre corpi scala in cemento armato a vista. Verso il centro dell’isolato sorgono gli edifi ci per la didattica: due aule semicircolari a gradoni, una da 300 e una da 100 posti, e tre aule più piccole. La copertura, anche in questo caso, è in rame, con shed per l’illuminazione naturale dall’alto. In questi corpi bassi, dove l’ordine compositivo viene continuamente contraddetto da variazioni e asimmetrie che rafforzano la scala umana dell’architettura, traspare il ricordo dell’opera di Alvar Aalto, e in particolare della sede del Politecnico di Otaniemi (1955-64) e della biblioteca di Rovaniemi (1963-68).

 

Paolo Brambilla