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Palazzo Montecatini

Anno: 1936 - 1938

Località: Milano, Brera

Indirizzo: Largo Donegani 2

Destinazione d'uso: Edifici per uffici

Progettista: Gio Ponti con A. Fornaroli ed E. Soncini

«E’ il più importante edificio costruito a Milano in quest’epoca. Esso ha costituito un modello del genere per la decisa impostazione tecnica di tutto il suo organismo e da esso direttamente o indirettamente discendono molti esempi successivi».

Nel 1935 Guido Donegani, presidente della Montecatini - Società Generale per l'Industria Mineraria e Chimica, incarica Ponti e Fornaroli per il progetto di una sede di ampliamento  tra via Turati e via Moscova per circa 1.500 impiegati. Il lotto, trapezoidale e irregolare, si affaccia su un importante incrocio che segna l’ingresso al centro città provenendo dall’asse stazione centrale-piazza della Repubblica. Tuttavia l’impianto insediativo dell’edificio non prevede il consueto trattamento monumentale dell’angolo, né l’occupazione del lotto con uno schema che ripropone la cortina continua perimetrale su strada. Il progetto definitivo, infatti, si imposta su un impianto ad H aperto verso via Moscova, su cui viene previsto l’ingresso principale agli uffici. Tale impostazione viene spesso interpretata come un’emancipazione dall’eredità del palazzo italiano e preludio alla pianta libera, anche se Giuseppe Pagano, opportunamente, rileva l’apparentamento dello schema adottato con le ville palladiane per il tema dell’accoglienza tra due fabbricati.

Il corpo centrale si distingue nettamente dalle due braccia laterali e per la maggiore altezza - 13 piani contro 8 - e per l’ impaginato del prospetto. Lo spazio reso disponibile dall’arretramento rispetto alla strada è utilizzato come parcheggio per i dirigenti, le cui postazioni sono collocate nel solo corpo alto. Nella dialettica tra i volumi si può leggere una trasposizione allegorica dell’organizzazione gerarchica del lavoro.

Inoltre l’edificio si impone e si distingue dal contesto per il trattamento delle superfici: rivestimento in marmo cipollino apuano verde, perfetta complanarità delle superfici murarie e dei serramenti in alluminio, serialità delle aperture; «un’ordinata tastiera» , sempre con le parole di Pagano.

In effetti è proprio questa caratteristica che rende l’«opera […] seminale nella carriera architettonica di Ponti e fabbrica cruciale nella storia dell’architettura milanese “tra le due guerre”»: la trasposizione fisica in architettura dell’organizzazione del lavoro. Il modulo spaziale di base - una cellula per 4 persone e l’ingombro delle relative postazioni alla scrivania - è la misura per la costruzione di tutto l’edificio, e si denuncia all’esterno con un ritmo delle aperture perfettamente fedele alla distribuzione interna. Edificio razionalista esemplare,  sia per l’introiezione dei principi tayloristi e fordisti dell’organizzazione del lavoro (vedi l’efficienza dei sistemi distributivi orizzontali e verticali) che per l’indissolubile relazione tra forma e funzione, la nuova sede della Montecatini esibisce anche al suo interno la forza della modernizzazione indotta dalla tecnologia. I materiali utilizzati nelle finiture, negli arredi, nei serramenti, così come gli impianti - condizionamento dell’aria, rete telefonica e posta pneumatica - sono talmente innovativi e curati da essere oggetto di copiosi commenti sulle riviste specializzate dell’epoca.

A distanza di 70 anni è notevole la resistenza e la tenuta di questa fabbrica rispetto alla città e induce a riflettere sulla nozione di “classico”, moderno, perché tale è il carattere che meglio descrive l’edificio: «Qualcosa di astrattamente poetico è in questa esatta architettura, dove il gioco dei vuoti e dei pieni è equilibrato secondo un ritmo la cui cadenza è assolutamente libera da leggi  norme convenzioni, fino a crearsi una Regola sua propria, una ragione prospettica che tiene altrettanto dell’arte e della natura».

LAURA MONTEDORO