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Year: 1947 - 1948
Town: Milano, Duomo
Address: via Broletto 37
Destinazione d'uso: Edifici per residenze ed uffici
Designer: Luigi Figini, Gino Pollini
Figini e Pollini, nel corso degli anni ‘30, sono al centro del dibattito architettonico, con la partecipazione diretta a diversi gruppi di ricerca e con la realizzazione di progetti esemplari, capaci di suscitare interesse anche al di fuori dei confini nazionali. A loro si devono i primi edifici razionalisti costruiti a Milano, tra cui il condominio in via dell’Annunciata. Il riferimento a Le Corbusier è sempre evidente, ma nel tempo emerge la tensione verso un linguaggio più personale, frutto di contaminazioni con l’edilizia regionale. Dopo la Seconda guerra mondiale, nella nuova fase dell’architettura italiana impegnata nella ricostruzione, l’attività di Figini e Pollini prosegue con la stessa intensità, attraverso la partecipazione ai lavori del CNR, dell’INU, della Triennale e del QT8.
L’edificio di via Broletto si inserisce in questa fase, ed è un’opera di transizione tra gli edifici orgogliosamente legati al Razionalismo e i progetti degli anni Cinquanta, in cui gli autori matureranno una sempre maggiore attenzione al contesto. Si trova al posto delle rovine di un palazzo bombardato, ma si dispone in modo da preservare gli alberi secolari del giardino interno. Un corpo uffici di sette piani è allineato alla cortina stradale, mentre all’interno si eleva una lastra di undici piani per le abitazioni.
La struttura degli uffici è formata da travi sagomate a C, per contenere i termoconvettori, e disposte parallelamente alla strada, per avere i piani liberi dai pilastri. Le finestre non sono a nastro, come ci si potrebbe aspettare, ma sono interrotte da mazzette che permettono di attestare i divisori interni. Il fronte, rivestito in travertino, ha il portamento di una facciata neoclassica, nonostante l’asimmetria data dallo scarto del passo di una fila di finestre.
"Guardatela bene questa costruzione netta, severa, intelligente, accanto alle due case recenti che le son vicine, morte, e che paiono i due poli fra i quali si perde l’architettura d’oggi: a sinistra la tradizione contaminata, la confusione; a destra la modernità corrente...".
Il corpo interno approfondisce il tema della facciata tridimensionale, tratta dagli ultimi progetti di Terragni: un reticolo razionalista, ma giocato su più piani verticali sovrapposti, a favore di una maggiore complessità funzionale e figurativa.
Due appartamenti per piano si aprono su logge continue, parzialmente chiuse da schermature traforate in corrispondenza delle zone di servizio. Le logge sono intonacate, mentre le parti più esposte alle intemperie sono rivestite in pietra artificiale color avorio. I telai delle finestre sono “in mazzetta” in modo da non essere leggibili dall’esterno.
Seguendo un tema lecorbusieriano, all’ultimo piano si trova una villa sovrapposta, con grande attenzione al disegno di logge, terrazze e fioriere.
Gli androni dei due edifici sono allineati, per permettere il ricambio d’aria dei cortili, ma soprattutto in modo che fin dalla strada si possa avere uno scorcio prospettico sul verde, secondo uno schema che, a detta dei progettisti stessi, è tratto dai palazzi storici milanesi.