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Grattacielo per uffici e abitazioni

Anno: 1950 - 1955

Località: Milano, Centrale

Indirizzo: Piazza della Repubblica 32

Destinazione d'uso: Edifici per residenze ed uffici

Progettista: L. Mattioni, E. ed E. Soncini

Il grattacielo di Milano è situato all’incrocio tra via Vittor Pisani e viale Tunisia, lungo il monumentale asse che collega la nuova stazione centrale e la vasta area rettangolare di piazza della Repubblica. Prima della guerra il piano Albertini (1934) era stato attuato parzialmente con la costruzione di un fronte unitario di edifici lungo il lato ovest della piazza e l’elevazione della torre attestata su via Pisani, alla quale il progetto di Luigi Mattioni e dei fratelli Soncini avrebbe dovuto adeguarsi. Vincitori di un concorso ad inviti al quale avevano presentato progetti distinti, i giovani architetti vengono scelti dal gruppo di imprenditori che si cela dietro una società creata appositamente per l’operazione immobiliare, la S.p.A. Grattacielo di Milano. Fra i promotori spicca il gruppo dirigente della Rdb (Rizzi, Donelli, Breviglieri), impresa produttrice di cemento e componenti per l’edilizia. I progettisti, interpreti di una tendenza all’innovazione e alla trasformazione che li accomuna ai committenti, si avvalgono della consulenza di Piero Portaluppi e di Arturo Danusso, impegnato da anni in una vasta opera di sperimentazione, modellazione e costruzione di strutture in cemento armato, mentre l’impresa costruttrice, espressione della committenza, è diretta dall’ingegnere Pio Capelli.

 

Mattioni ottiene la modifica dei parametri edilizi imposti dal piano e svincola il nuovo edificio dalla simmetria dell’impianto urbano originario, elevandolo sino alla quota di 116 metri, la più alta mai raggiunta in Italia e la prima a superare quella della statua posata sulla guglia principale del Duomo. Costruito in cemento armato secondo un modulo di 180 cm che ne informa tanto la distribuzione planimetrica quanto le partizioni verticali, l’edificio è poggiato su una vasta struttura alveolare in c.a. gettata sul fondo di uno scavo di otto metri sotto il piano stradale, la cui stabilità fu garantita da preventive iniezioni di calcestruzzo. Nell’interrato sono collocate le autorimesse e parte degli impianti, mentre uno zoccolo di otto piani, rivestito in serizzo dubino lucidato, asseconda la giacitura delle vie Tunisia e Pisani e alloggia negozi ed uffici. I successivi venti piani, rivestiti da tessere in gres ceramico color turchino di tonalità digradante verso l’alto, sono destinati a residenze per la media e alta borghesia, dislocati su una superficie rettangolare ridotta e distribuita simmetricamente attorno al nocciolo centrale degli ascensori e dei servizi. Gli appartamenti, in genere due per piano, si dispongono attorno ad un grande salone di soggiorno, affacciato a nord o a sud, accessibile direttamente da un atrio dedicato allo sbarco ascensori e posizionato a cerniera tra un’ala privata, dove sono collocate le camere e i bagni, e un’ala di servizio con ingresso indipendente, composta da cucina, locali annessi e alloggio indipendente per la servitù.

 

Impianti tecnologici avanzati, sistemi centralizzati di aspirazione, condizionamento, comunicazione e un blocco centrale di bagni ciechi - approvati in deroga alle vigenti norme di igiene - dotano ogni appartamento di accessori che solleticarono la pubblicistica dell’epoca, avvallando l’immagine di edificio lussuoso. L’alto grado di unificazione a cui Mattioni stava per improntare i propri metodi di progettazione non impedisce una certa flessibilità nella composizione delle planimetrie della zona giorno e delle facciate, rette da un’esile incastellatura perimetrale in c.a. indipendente dalla struttura portante arretrata. Le griglia modulare dei prospetti poteva così ospitare logge, bow-windows, o semplici vetrate scongiurando la monotonia dei fronti e salvaguardando le velleità di distinzione dei singoli proprietari.

 

Stefano Poli