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Casa in via Cimarosa

Anno: 1954 - 1956

Località: Milano, Washington

Indirizzo: via Cimarosa 7

Destinazione d'uso: Edifici residenziali

Progettista: G. Belotti, S. Invernizzi e G. Casentino

La particolare forma planimetrica del lotto ha condotto alla soluzione di un appartamento per piano così composto: il soggiorno, che occupa tutta la parte della costruzione prospettante la strada e le camere, i bagni, la cucina, il guardaroba e i servizi con prospetto verso l’interno. L’edificio è a otto piani con struttura portante in cemento armato con telaio a vista e tamponamento in mattoni. La struttura verticale e orizzontale in calcestruzzo armato gettato dentro casseforme metalliche dove possibile è stata lasciata nel suo aspetto originario; i marcapiani verso strada e i pilastri dell’atrio sono stati realizzati con casseforme in gesso nelle quali erano stati inseriti in negativo elementi plastici dello scultore Cosentino. Si tratta di bande sottili, come festoni o greche, posti a scandire la sequenza dei piani che, come osserva Dorfles “permettono così di sottolineare la divisione tra un piano e l’altro e creano un elemento ritmico oltre che ornamentale di prim’ordine” (da Gillo Dorfles, Introduzione a Cosentino, Niggli, Teufen, 1976). Anche Perogalli mette in evidenza questa suddivisione osservando che “molte costruzioni, naturalmente, sono fatte degli stessi elementi; ma si vuol sottolineare come questa anziché limitarsi a giovarsene quali componenti materiali della sua tettonica consistenza li abbia conservati distinti nella propria singola parvenza, esaltandoli anzi nella schiettezza della propria natura” (da Carlo Perogalli, Case ad appartamenti in Italia, Gorlich, Milano 1959). Questa poetica è influenzata ancora dalle tematiche riduzioniste di Franco Marescotti, maestro di Belotti, ma esse stanno lasciando il posto alla direzione successiva della sua ricerca che abbandona il linguaggio delle cose silenziose per approdare a un più evidente interesse per la composizione strutturale.

 

Il prospetto su via Cimarosa dichiara una superficie completamente vetrata, scandita regolarmente dalle semplici partiture dei serramenti. La fronte posteriore è invece coloristicamente giocata col mattone e il cemento della struttura. Sergio Crotti fa notare che questa soluzione dona verticalità e “contrappunta la trasparenza dell’opposto versante su strada reinterpretando la tradizionale complementarietà dell’affacciamento “cittadino” e dell’interno rustico” (da Sergio Crotti, Giandomenico Belotti, opere e progetti, Electa, Milano 1996, p 14). Presentando su “Architettura e cantiere” questo edificio Belotti scriveva che: “la purificazione razionalista in contrapposizione al caos strutturale del periodo precedente, ha maturato la necessità di introdurre nell’equazione architettonica, in dialettico contatto, la scultura e la pittura, non per un passivo ritorno alla decorazione, ma per una vitale istanza dello spirito. La necessità di rompere plasticamente e di dare una profondità cromatica alle superfici sono motivi storicamente coesistenti di una profonda coerenza linguistica, maturata per includere altre espressioni d’arte nell’organismo architettonico, non di reazione a che gli elementi puri dell’architettura assumano l’assoluto ed incontrastato predominio bensì per realizzare la perfetta simbiosi” (da Giandomenico Belotti, Una casa in via Cimarosa a Milano, in “Architettura Cantiere” n.13, Giugno 1957, p.22).

 

Il piano terreno è lasciato libero e occupa l’intera fronte e unisce i due ingressi: quello carraio e quello pedonale; il primo avviene in linea retta e il secondo si dirige alla scala e all’ascensore a destra. La compresenza di tutti gli elementi che concorrono alla costruzione viene sottolineata dall’impiego del cemento, che marca la parete in mattoni, usato dallo scultore Gino Cosentino nelle cassaforme: “razionalismo dell’architettura e figurazione semplice, ingenua, in leggero aggetto sul pilastro liscio di calcestruzzo, parvero coniugarsi in quell’occasione: qui Cosentino raffigurò sui pilastri portanti e sulle solette animali di buon auspicio per la casa, amorosi accoppiamenti, binomi, trinomi, famiglie di animali come di consueto nella sua produzione plastica quindi espresse in libertà i personali motivi che contemporaneamente realizzava anche in pietra” (da Paolo Campiglio, Uno scultore per l’architettura: l’esperienza dell’edificio di via Cimarosa, 7 a Milano, relazione tenuta al convegno “Cosentino e l’architettura”, Politecnico di Milano 2005 dattiloscritto s.n.). Tutte le forme attraverso la trasparenza delle vetrate vengono inondati da una luce esterna.

 

Claudio Camponogara
Elisabetta Dulbecco