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Behaviour, sguardi sulla città senza nome

Dal 01.12.2010 al 27.12.2010

Breve resoconto della terza edizione del Convegno internazionale di studi sulla città: caratteristiche, dinamiche e azioni possibili nella città del XXI secolo

Città infinita, città metropoli, città panico, città regione, città generica, città arcipelago e schiuma metropolitana…numerose coppie di parole tentano di esaurire in una sola combinazione l'immagine della città contempornaea, evidenziando in tal modo la difficoltà di comprensione. Il 25 e il 26 novembre, grazie al convegno La città senza nome. Behaviour. Segni e segnali nel paesaggio contemporaneo, tenutosi alla Triennale di Milano, si è tentato di mettere a fuoco mediante riflessioni tra le più diversificate (dall’architetto al sociologo, dal filosofo al critico d’arte) che cosa esprime e qual è il nostro behaviour nei confronti della città nella quale viviamo. I contributi hanno così tentato una restituzione della frammentarietà, precarietà e complessità dei processi di mutazione delle vecchie e nuove megalopoli, delle dinamiche sociali e dei nuovi equilibri di potere che ne cambiano gli assetti.

Apre la mattinata di giovedì 25 il video Birdwatching, indagine sullo scenario urbano contemporaneo attraverso le riflessioni di  Renato Nicolini (architetto), Dante Ferretti (scenografo), Giorgio Battistelli (compositore), Angela Barbanente (urbanista e assessore all’Assetto del Territorio della Regione Puglia) ed Enzo Mari (designer).



Per Nicolini, la velocità massima di una città dovrebbe essere quella del trasporto pubblico e che per conoscerne bene la struttura, bisognerebbe perdervisi; Dante Ferretti invita ad alzare la testa mentre si cammina e a vedere veramente ciò che ci sta attorno. Per il compositore Battistelli ascoltare i suoni della città diventa un'impresa ardua nel momento in cui un numero elevatissimo di immagini ci catalizza lo sguardo.

La domanda che ha introdotto i lavori, formulata da Fulvio Caldarelli (Blueforma design consultants) punta dritta al cuore del problema: “Esistono ancora città riconoscibili? Che aspetto ha la cartografia del paesaggio contemporaneo?”. Nel mondo che Giovanni Anceschi definisce con la realtà ossimorica dell'"emergenza continuativa”, tutto è transitabile e mutevole in tempi sempre più brevi: da qui la necessità di trovare da un lato dei punti fissi teorico-critici, dei caposaldi che ne influenzino gli sviluppi futuri e dall'altro individuare nuove strategie progettuali.

La relazione di Reudi Baur (Integral Ruedi Baur et associé - Paris), dal tema:“Design universale o riferito al contesto” si concentra, per citare R.Barthes, sull’impero dei segni che etichettano più o meno tutto ciò che vediamo e viviamo, omologando con un simbolo luoghi ricchi di significati. La segnaletica e i simboli seguono norme e gestiscono la folla in maniera perfetta secondo Baur, ma non fanno altro che aggiungere tristezza alla tristezza.
Enzo Mari, chiude la mattinata parlando di utopia e forma, definendo la città come “il sistema delle connessioni, luogo dove si lavora e si cammina”. Il designer sostiene che il corretto sviluppo urbano nasca e si modifichi da alcuni edifici primari, quali teatri, parlamenti etc; l'architetto deve quindi progettare architetture che non siano anonime ma esprimano un preciso messaggio.

"Civili Abitudini" e "Intelligenze urbane.Performance della città digitale" sono i titoli della seconda e terza sessione, svoltesi tra giovedì pomeriggio e venerdì mattina .  Entrambi continuano l'analisi teorica delle dinamiche della città surmoderna con interventi di Marc Augé (sociologo, Ecole des Haute Etude en Sciences Sociales, Paris), Tiziana Villani (Dipartimento di filosofia urbana, Paris XII), Aldo Abruzzese (preside Facoltà di Turismo, Culture e territorio, IULM)  e contributi – mirati a riportare la pluralità di approcci più operativi e progettuali sul tessuto urbano - di Sébastien Thiery (Atelier Immédiat), Dietmar Hoffenhuber (MIT Senseable city Lab), Thomas Castro (LUST), Silvia Sfligiotti (Alizarina).

L'intervento (registrato) di Marc Augé apre una riflessione sulla natura della città della surmodernità, un'urbanità esplosa composta da filamenti continui in cui l'unico elemento riconoscibile è il centro storico, quasi sempre omologato e svuotato dal suo significato simbolico. Una città per parti quindi, in cui le popolazioni vivono compartimentate, e in cui l'esistenza stessa dei luoghi è resa precaria dalla presenza di migranti e popolazioni fragili reinventano continuamente gli stessi luoghi, causando uno shock che è prima di tutto culturale e psicologico per i locali.
Questa la linea ripresa da Tiziana Villani, che nell'affrontare il paesaggio della città contemporanea ne identifica come tema fondante la precarietà e la complessità irriducibile: lo spazio della città, le soggettività che lo vivono, lo stesso abitare sono sottoposti “a continui smottamenti” causati anche da un impoverimento profondo dell'immaginario. E' un'urbanità che conserva ancora luoghi della possibilità, in cui prenda corpo la “contesa allo spazio come ritorno del diritto alla polis”. In questo solco si muovono anche le due riflessioni di Sébastien Thiery e Silvia Sfligiotti, che muovono dall'analisi della realtà odierna di città europee come Parigi – nel contesto del dopo ordinanze contro insediamenti informali bollati come architetture illegali e rifiuti– e Milano nel suo vivere quotidiano gli spazi pubblici. In entrambi i casi si rende manifesto il primato del decoro e della dissuasione in suo nome da parte delle amministrazioni pubbliche, impedendo quindi ogni esplicazione di comportamenti non allineati. Si elimina così ogni intralcio rendendo lo spazio pubblico il più possibile liscio e ordinato, simile ad un autostrada che deve permettere spostamenti rapidi tra abitazioni e gli spazi onnipervasivi del consumo. La possibilità d'azione in questa condizione è presente agli occhi dei due designer nell'”aumentare la realtà urbana”  suggerendo azioni oppure attraverso performance e architetture insurrezionali che possano rilanciare comportamenti deboli in un immaginario super-contemporaneo (come in alcuni progetti dell' Atelier EXYZT o nelle iniziative dell'Associazione Enfants de Don Quixote a Parigi).

Le linee di continuità tra la riflessione restituita nella prima seduta sono riscontrabili nei presupposti delle diverse ricerche progettuali di alcuni professionisti invitati, designer della comunicazione e interaction designer per la maggior parte.
Così è anche possibile rintracciare una corrispondenza biunivoca tra l'intervento di Alberto Abruzzese sulla necessità di una nuova “mediologia” (come superamento della sociologia eredità dell'era industriale) e di un ampliamento della propria visione ad un panorama che travalichi l'attività umana nella rete , e il lavoro del Senseable City Lab del MIT di Boston - lo stesso dipartimento dal quale uscì "L'immagine della città" di Kevin Lynch, nel 1960 -: in questi anni infatti l'analisi dei pacchetti di dati emessi dai nostri dispositivi tecnologici di uso quotidiano (cellulari, smart phone, fotocamere,...) è stata alla base di un'ampia gamma di studi che permettono una conoscenza più approfondita delle città, dalla quantità di traffico veicolare nelle strade fino alla definizione dell'arrivo della primavera nelle varie città della Spagna.
La ricerca dello studio di design olandese Lust si muove anch'essa su un binario parallelo: vari progetti tentano di superare lo spoglio di dati estetici e grafici occorrente alla costituzione di data-base  ridotando questi ultimi di una connotazione estetica e spaziale (in questo senso, passando da data-base a data-space).

In conclusione quindi, i temi scaturiti dal convegno hanno costruito un interessante palinsesto di riflessioni sul corpo della città. La struttura degli interventi ha cercato di alternare professionisti molto diversi, creando un mix culturale dal quale sono sorte numerose questioni e problemi. In fondo oggi la città altro non è che il palcoscenico di velocità e intrecci reali di un mondo sempre più virtuale; pertanto ha un forte bisogno di reinventarsi e aggiornarsi.

Manuele Salvetti
Carlo Venegoni

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