From 04.04.2012 to 05.05.2012
Venerdì 30 marzo 2012 si è svolto un convegno promosso dall’ordine di Torino, in collaborazione con l’Ordine di Roma e di Firenze, dedicato al confronto tra i sistemi ordinistici europei
Venerdì 30 marzo 2012 alla Sala conferenze dell’Archivio di Stato di Torino in piazzetta Mollino si è svolto un importante convegno promosso dall’Ordine di Torino, presieduto dall’architetto Riccardo Bedrone, in collaborazione con l’Ordine di Roma e di Firenze, per discutere della riforma delle professioni in italia a confronto con le realtà professionali a noi affini in Europa.
Due sessioni in cui al confronto con altre realtà europee –Gran Bretagna, Spagna, Germania e Francia- è succeduta una serie proposte tra loro alternative di riforma dell’ordinamento italiano.
Apre l’incontro Riccardo Bedrone, che sottolinea l’opportunità di distinguere le diverse professioni all’interno della riforma in corso, ed in particolare la necessità di recepire le professioni tecniche sotto il ministero dell’economia e non della giustizia, come allo stato attuale, assimilandosi al ruolo di impresa come la comunità europea chiede da tempo.
Sottolinea il ruolo determinante della formazione continua ed il ruolo che le fondazioni degli ordini maggiori stanno giocando a riguardo, a confronto con spesso improvvisati formatori, di concerto con università, camere di commercio e associazioni imprenditoriali.
Per questo la dimensione ordinistica deve diventare a base Regionale. Anche il Consiglio Nazionale va ripensato, in una veste di coordinamento e sussidiarietà, di dialogo con la base, piuttosto che di organo romano di interlocuzione privilegiata con il potere politico.
Due giorni fa a Parigi un incontro tra gli Ordini di Roma, Torino, Bucarest, Bruxelles e Lisbona da cui emergono attraverso le differenze gli aspetti di maggior interesse per la nostra riforma. Un dialogo internazionale necessario, stante l’internazionalizzazione del mercato delle professioni.
Apre la prima sessione dedicata agli ordini europei Amedeo Schiattarella, presidente dell’Ordine romano, che tiene a sottolineare come le tariffe esistano: a Bruxelles e appena votate, in Austria come in Germania. La riforma in corso in Italia è da lui giudicata una non riforma, in quanto tocca le professioni e non gli Ordini. Ma da questi bisogna partire.
Paola Boffo, RIBA London Council Chair, racconta i distinguo all’interno dell’ordinamento inglese, in cui esiste l’ARB, ovvero l’ordine, che protegge il titolo ma non la funzione, da cui è possibile accedere alle diverse Associazioni, di cui RIBA è appunto la maggiore. Nata a Londra nel 1834, nel 1892 diventa associazione nazionale, e oggi conta sedi in 13 nazioni per 41.000 iscritti alle diverse fasce, di cui 12.000 solo a Londra. Le attività sono molteplici e complesse, e toccano tutti gli ambiti di applicazione della professione, suddivisi in consigli secondari, ma che fanno capo al principale, in una struttura piramidale piuttosto rigida, che si occupa della formazione, controllando università ed esami di stato, oltre che fare azione di lobby, facendo pressione a livello politico.
A questa struttura, rivolta ai temi di attualità e promozione della professione, si affianca la RIBA Enterprises, che funge da sponsor a RIBA, attraverso anche attività commerciali ed editoriali.
Ad essa ci si iscrive secondo diverse modalità, da studenti a sostenitori. Essendo una istituzione riconosciuta a livello internazionle vi si possono iscrivere professionisti di ogni nazionalità ed iscritti ai diversi Ordini.
Tra le attività di promozione, organizza viaggi con il ministero dedicati a costituire accordi bilaterali.
Validazione dei progetti, premi di qualità, pressione politica, formazione: RIBA è un marchio commerciale di respiro internazionale, capace di influenzare la governance, e per questo la giusta prospettiva per guardare alle attività dell’Associazione non è “cosa fa per me”, ma “come far valere la mia iscrizione”.
Antoni Casamor i Maldonado, President de la Demarcació de Barcelona del Col-legi d'Arquitectes de Catalunya, racconta invece di una struttura pubblica, di grande forza, che è arrivata alla validazione dei progetti ed alla banca di previdenza, ma che attraversa una crisi nera.
I Collegi nascono a Madrid negli anni ’30, a seguito di gravi disastri di edifici, come istituzione a protezione della qualità dei progetti.
Barcellona conta 8.000 iscritti su 10.000 della Catalonia, e promuove numerosi servizi, sia di promozione professionale che finnanziari. Compie certificazione dei progetti, dialogando con gli uffici tecnici municipali compiono di fatto una parte del loro lavoro, e si finanziano anche in questo modo.
Controllano scuole post universitaria prestigiosa, e si occupano di concorsi: attività non a difesa del titolo ma di promozione dell’architettura, determinante anche per chi non ha lavoro.
Oggi la situazione è di grave crisi. Fino a 6 anni fa le costruzioni rappresentavano il 20% dell’economia, oggi il 2%. Il 45% degli studi ha chiuso, il 60% degli iscritti sono senza lavoro, e ciò significa una contrazione delle risorse e attività del Collegio: da 350 addetti a 115, con un budget di 4 milioni su 14 che erano, e la riduzione secca della quota di iscrizione –da 350€ a 115€...
Il ruolo non è difendere l’architetto ma promuovere l’architettura, in una situazione di grande differenziazione delle professionalità degli iscritti, applicandosi non solo sulla costruzione ma anche sull’innovazione, poichè la catastrofe economica non coincide con quella culturale.
Bernard Mauplot è presidente Ordre des Architectes en Île-de-France, che conta 10.000 iscritti, il 30% degli architetti francesi. Costituiti negli anni ’30, l’ultima riforma è del 1967, in cui l’architettura è riconosciuta come espressione di cultura e per questo di pubblico interesse.
Negli ultimi 10 anni grande aumento degli studi di libera professione, che rappresentano il 47% degli iscritti.
26 ordini regionali, di cui alcuni contano solo 50 iscritti, e Consigli di disciplina indipendenti dagli Ordini.
Un significativo distinguo delle quote associative: 500€ i liberi professionisti, 600€ gli studi associati, 280€ i dipendenti e 180€ i pensionati, con poi diverse facilitazioni per i giovani iscritti.
L’Ordine cura albo e salvaguardia del titolo, vigila sulle forme giuridiche societarie e codice deontologico, fino a rappresentare la professione con le istituzioni politiche. infine i consigli di disciplina.
Un controllo rigoroso sull’obbligo di assicurazione, di cui dal 2007 ogni iscritto deve presentare la sua polizza. Non è un sindacato, ma fornisce servizi alla pratica quotidiana, attraverso aggiornamenti legislativi e incontri specialistici, e favorisce incontri tra giovani iscritti al fine di metterli in rete.
È aperto anche un servizio di consulenza al pubblico, e la casa dell’architettura organizza mostre e conferenze rivolte esplicitamente al grande pubblico.
Chiude rilanciando l’opportunità di costituire al più presto una istituzione europea.
Joachim Jobi, Bundesarchitektenkammer, Head of EU-Liaison Office (Camera federale degli architetti, capo dell’ufficio di collegamento dell’Unione Europea), racconta del quadro generale di lobby a Berlino e a Bruxelles. Quello tedesco è un sistema federale come quello francese, riformato nel 1969, una struttura con approccio dal basso verso l’alto, ma con finanziamento che da nazionale viene distribuito a livello locale. Sono enti pubblici, regolamentati appunto come le Camere. Le iscrizioni si registrano su una scala a 9 gradini di definizione della tariffa.
Su 125.000 iscritti, 85% sono architetti, 6% paesaggisti, 4% designer e 3% Urbanisti. Prevalgono i piccoli studi, con 25/30.000€ di reddito medio.
Segnala la latitanza degli italiani a Bruxelles, dove ritiene importante esserci per meglio comprendere politiche e risorse comunitarie.
Amedeo Schiattarella sottolinea come in europa si appartiene in maniere diverse: in italia non siamo consultati e altrove sono gli ordini a dettare il da farsi. Forse anche perchè 102 Ordini provinciali complicano il coordinamento delle forze. Come abbiamo visto in germania vigono tariffe minime. Monti conosce queste cose?
Siamo quindi alla seconda sessione, in cui si vengono proposti e rappresentati diversi possibili modelli di riforma del sistema ordinistico italiano.
Fabio Bertuzzi, presidente dell’ordine di Firenze –eletto per un anno a rotazione tra i consiglieri eletti come da regolamento nazionale ogni 4 anni- descrive l’alta densità di architetti: 5.000, di cui a firenze 80%, che su una popolazione di 320.000 abitanti fa un architetto ogni 84 abitanti: ben serviti, non c’è che dire.
Il mutamento della professione non ha coinciso col mutare degli Ordini. Per questo è una istituzione lontana dagli iscritti, come emerge da un loro recente sondaggio.
Propongono un nuovo modello ordinistico che da corporativo –mio per tutti- diventi cooperativo –mio con tutti- distinguendo una Autority regionale, unica per area tecnica ch raggruppa quindi ingegneri, architetti, geologi, consociati a protezione del territorio, dedicata alla disciplina deontologica, alla formazione e legami con l’università; e Istituto locale, che promuove la professione, con accesso anche ai cittadini, e che compie validazione del processo progettuale.
Il modello associativo è alla base della proposta formulata dall’istituto Bruno Leoni, a cura dell’avv. Silvio Boccalatte. Segnala che se gli architetti sono 150.000, gli avvocati sono 300.000. il problema a suo avviso non sono il numero di professionisti quanto il sistema giuridico che li regola che ignora la realtà. Una forma di liberalizzazione brutale avulsa dalla realtà italiana, determinerebbe una “proletarizzazione della professione”(?). il modello Associativo è di marca britannica, e deve essere accreditato al ministero di competenza ovvero nel nostro caso dello sviluppo economico. Più Associazioni in competizione tra loro mettono in moto un sistema di autoregolazione efficace.
Il prof. Marco Orofino, docente Università degli Studi Milano, approfondisce invece il modello dell'Authority, istituzione che si è moltiplicata con la liberalizzazione dei mercati, ed in Italia in particolare con la sfiducia negli apparati –soprattutto dopo tangentopoli.
L’autority è indipendente e nominata dal governo, i cui membri devono avere specifici requisiti. Sono governo ideale per le procedure disciplinari, essendo autonome, così come per la risoluzione bonaria delle controversie.
Conclusione piuttosto laconica: dietro il proliferar di Autority sta l’incapacità politica di assumersi responsabilità.
Infine l’avv. Giancarlo Faletti parla del modello Camerale, evidentemente sponsorizzato dall’Ordine di Torino.
Ricorda che ai 24 diversi ordini professionali italiani corrispondono 3.400.000 iscritti. Esprime parere di inadeguatezza nei confronti del CNA, proponendo una legge dell’architettura scritta dal basso. Ricorda infine che nella riforma del lavoro in discussione il lavoro autonomo non è contemplato.
La proposta camerale viene illustrata in 2 mosse. La prima vede gli Ordini territoriali ridefiniti a scala Regionale, cui spetta: cura dell’albo, formazione e deontologica, avente però terminali a scala provinciale diffusa. La seconda mossa sta nel restituire legalità alle prestazioni oggi erogate dalgi Ordini attraverso le Fondazioni.
Operativamente infine segnala che per aprire una Agenzia Regionale delle Professioni Tecniche basta un atto notarile. Un invito alla rivoluzione dal basso, dunque.
Paola Muratorio, presidente Inarcassa, dal punto di vista della previdenza segnala come il problema delle partite IVA monocliente porterà alla fuga dal lavoro dei giovani professionisti, il cui reddito è oggi minore del minimo previsto per un lavoratore dipendente. Se gli iscritti alle Casse di Previdenza sono 1.400.000, significa che 2 milioni dei 3.400.000 professionisti iscritti agli Ordini segnalati da Faletti sono dipendenti. Racconta la profonda differenza di reddito tra iscritti uomo e donna, le quali pur essendo il 26% degli iscritti rappresentano il 14% del reddito inarcassa.
Conclude presentando la convenzione fatta con i Lloyd per la RC Professionale resa obbligo dalla Legge n.27 del 24 marzo 2012 del "Decreto liberalizzazioni" .
Le conclusioni a Riccardo Bedrone, che non può non segnalare le assenze:
della politica, invitata a partecipare all’incontro da cui via via si sono sfilati tutti i gruppi parlamentari.
del CNA e del suo presidente, all’ultimo assente ingiustificato, che dimostra, afferma, non aver alcuna efficacia nella sua azione di pressione sul Governo, visti gli esiti delle riforme in corso
del Governo medesimo –come ci ha detto Joachim Jobi- assente dall’Europa
ma anche degli Ordini, che al di là di quelli di Firenze Roma Reggio Calabria e Reggio Emilia non si sono presentati all’incontro.
Segnala infine da buon piemontese che nemmeno ai campionati di sci Freyrie si è presentato: e si che li i suoi interessi sarebbero stati ben rappresentati...
Francesco de Agostini