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Oltre 2015: Cronaca di una morte annunciata?

Dal 05.06.2009 al 05.07.2009

Il 3 giugno in Triennale serata d’onore a conclusione del ciclo Expo dopo Expo. Ma dov'erano il Sindaco Moratti e il Governatore Formigoni?

Serata d’onore alla Triennale a conclusione del ciclo intitolato alle Expo del passato per meglio immaginare il futuro, a margine della mostra fotografica commessa dall’Ordine degli Architetti di Milano a 5 fotografi, dedicata allo stato odierno dei luoghi che hanno ospitato alcune Expo europee, inaugurata il 22 maggio e visitabile fino al 14 giugno.

Armando Besio, di ‘Repubblica’, moderatore della serata, nel riassumere le puntate precedenti -Siviglia 1992, Lisbona1998, Hannover 2000 e Suisse 2002- sottolinea con un certo disappunto come sia il Sindaco Moratti sia il Governatore Formigoni si siano sottratti all’invito al dibattito sui progetti Expo per Milano. Circostanza che conferma uno stato di smarrimento piuttosto evidente riguardo al tema. 

Daniela Volpi, nel presentare rapidamente la  storia della candidatura e i fatti che ne sono seguiti, sottolinea quanto alla bontà del tema scelto “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, facevano eco affermazioni di buon auspicio dell’assessore Masseroli riguardo il presentare dopo il 2015 Milano  “al mondo come una delle metropoli più innovative sul piano urbanistico e dell’organizzazione degli spazi urbani.”

Il dossier di candidatura del Comune, più volte citato, riporta espliciti riferimenti a funzioni urbane rinnovate ed infrastrutture come effetti permanenti e positivi sulla città.
Alla progettazione infrastrutturale facevano eco diverse autorevoli proposte e commenti:
- Il parco per bambini “Aulì aulè” di Fulvio Scaparro
- la città ideale, affascinante sogno di Guglielmo Mozzoni
- l’Expo diffuso nella città di Battisti e Deganello
- il no expo di Vittorio Gregotti
- l’Expo scetticismo di Renzo Piano
- il disastro Expo dell’ipercritico Vittorio Sgarbi
- l’evento anacronistico da terzo mondo culturale di Cervellati
- la celebrazione di rimasugli inutili (gli stand) di Paolo Portoghesi
- lo scetticismo degli effetti duraturi sulla città di Alessandro Benevolo
- la preoccupazione di un luna-park abbandonato di Gae Aulenti

Sottolinea quindi gli aspetti dell’evento vicini alla nostra professione: il riutilizzo delle opere costruite e il ripensamento complessivo delle funzioni urbane e di servizio della città per il dopo Expo.
A partire quindi dalla scelta dell’area  e le conseguenti infrastrutture di servizio a questa alla qualità dell’ambiente metropolitano in un area già altamente congestionata, fino alle procedure attuative di trasparenza nella costruzione delle scelte.

Conclude richiamando la “democrazia urbana per la qualità”, intreccio virtuoso tra architettura sostenibile e urbanistica, per superare sia “l’urbanistica vincolistica del dopoguerra”, tutta quantitativa, sia “l’attuale iperliberismo senza regole”, dove quasi tutto si affida ai privati, con preoccupanti ricadute sulla collettività.
Infine ricorda come il rispetto della qualità debba essere garantito in primo luogo nelle fasi della progettazione e della programmazione di ogni attività di trasformazione edilizia.
E questo perchè ogni trasformazione indotta su un singolo elemento ha delle ricadute sugli altri, per cui il risultato non è la somma algebrica delle singole trasformazioni, ma subisce l’effetto moltiplicatore derivante dalle loro interrelazioni.
Di qui l’esigenza di una pianificazione unitaria e coerente dell’intero processo che si sviluppi in tutte le sue fasi.
In questo processo  gli organismi professionali devono avere un ruolo fondamentale come portatori di conoscenza, di metodologia e di procedure in materia. Ma per esercitarlo, si sa, il dialogo è necessario.

Franco Raggi illustra la genesi dell’idea del ciclo, nata un anno fa pensando di essere già in ritardo sull’avvio dei progetti, con la necessità di dire qualcosa di utile su cosa sia Expo.
Invece no, nostro malgrado siamo in tempo.  Si pone quindi alcuni interrogativi riguardo l’identità Expo.
Sulle presenze e il loro impatto sul territorio: il Salone del Mobile vede 400.000 presenze per 1 settimana; parlare di 26 milioni significa più del doppio per 6 mesi (!?).
Sottolinea l’anacronismo dell’istituzione che la presiede, luogo di cooptazione politica tra stati e non di progetto, e si chiede se, data anche la condizione economica che stiamo attraversando, non sia il momento di chiedere modifiche al regolamento, in cui non siano i simboli a dominare quanto lo scambio tra le culture.

Manolo De Giorgi entra nel merito del lavoro compiuto con le serate all’Ordine. Definisce l’argomento ‘saponoso’, in quanto per descrivere Expo non valgono i parametri di Architettura o Urbanistica. Anche per le più riuscite –cita Suisse 2002- vi sono rivolgimenti che costringono ad una continua allerta.
Negli esempi approfonditi con le serate infatti, sia i Masterplan che i temi alla fine non sono stati rispettati.
Procede quindi ad una rapida rassegna:

Siviglia ’92: Area agricola; su 22 milioni di presenze, ne sono giunte 36. Della rinaturalizzazione prevista dal Masterplan non c’è traccia, l’area oggi è attraversata anche da un’autostrada.

Lisbona ’98: Area industriale convertita in residenziale, tanto che il 50% viene venduta per finanziare l’Expo. I grandi edifici, primo tra tutti il bel padiglione di Siza, di grande efficacia, non si sa cosa farne.

Hannover ’00: 70ha aggiunti ai 100 della fiera adiacente. Grande infrastrutturazione, ma 18 milioni di visite su 40 previsti e 1,2 miliardi di deficit non sono segnali di una buona riuscita.

Suisse ’02: Expo nazionale, ma di grande coinvolgimento. Nata su 4 siti per 46 ettari, viene posticipata di 1 anno per questioni organizzative e di sponsor. Ma era già previsto un Commissariato anche lo smantellamento.

Saragozza ’08: solo 5,5 milioni di visitatori, per un prevalente uso notturno.
Troppo presto per fare un bilancio sul rapporto urbano dell’area, anche se le foto di Gabriele Basilico sono sicuramente eloquenti sul suo stato.

Daniela Volpi propone alcuni quesiti che si augurava di poter porre agli ospiti della serata:
- localizzazione: un area già congestionata, privata, la cui infrastrutturazione non sembra aver futuro.
- la torre contenuta nel piano originario: simbolo poi negato, ma chi decide queste varianti sostanziali?
- tempi: i ritardi accumulati permetteranno il rispetto delle regole? nella fretta la trasparenza procedurale e i concorsi sono procedure più difficili
- dopo 2015: cosa seguirà l’evento, quale il riutilizzo delle aree, come saranno distribuiti gli interventi, la loro accessibilità.

È necessario che le istituzioni parlino con la città, non solo tramite i giornali: questa serata sarebbe potuta essere una occasione.

È quindi il momento di Matteo Mauri, assessore alla Provincia e delegato dal Presidente uscente Penati alle questioni Expo. Si sente, dice, in imbarazzo istituzionale, e si affianca interrogativo alle domande fatte, cui evidentemente non ha risposte da dare.

Milano ragiona su di se, non a caso l’area Expo prescelta è entro i confini comunali, se non per i parcheggi.
Un errore quindi non ragionare nell’ottica della città metropolitana.
Per quanto non si dica in campagna elettorale, parla di certezze, ma tutte negative:
- mancano 500 milioni di finanziamento, e i privati latitano
- le polemiche: da Glisenti a Stanca emergono solo personalismi, ma ‘il pallino è ora in mano alla Regione’
- il governo chiede un ridimensionamento, ma ancora non si sa bene in che direzione

Besio a questo punto provoca la platea: lui che si occupa di cultura trova deprimente la divaricazione tra la città ‘che se ne fotte’ e i suoi intellettuali. Ma non vi sentite Cassandre snob, intellettuali senza sintesi? Chi decide la qualità di cui parlate?

Emilio Battisti dalla sala gli risponde a chiare lettere: questa situazione è si deprimente, ma la responsabilità è dei politici che pensano di non dover rendere conto di quanto fanno, non ascoltano, se non i poteri forti di questa città. In questo senso è chiaro che non è una questione di cultura, ma di potere.

Chiarisce inoltre che l’Ordine è una Magistratura, non è arbitro del bello o del brutto, ma delle procedure, che devono essere prima di tutto trasparenti.

Marco Romano, ci aggiorna sullo stato della sua conoscenza da specialista, illustrando il fatto che 'Expo è quella roba lì', capannoni e qualche infrastruttura. Punto.

Philippe Daverio risolleva le sorti degli intellettuali: devono servire, ma bisogna essere anche uomini d’azione, quando necessita.
Richiama l’attenzione sulla Expo di Parigi del ’37, avviatasi già nel ’28, proprio in condizioni socio economiche analoghe alle nostre di oggi.
Dovremmo prendere spunto dal bel tema scelto e fare del territorio un laboratorio. Non avremo soldi, ma le risorse culturali e produttive ci sono: lui è per la ‘biennale del gorgonzola’.

L’on. Mantini esorta Besio a cercare gli intellettuali non nei salotti ma nelle professioni. Mauri ha dimostrato, con il suo intervento, quanto poco conta la Provincia. È necessario pensare al governo pubblico del territorio, bisogna invocare gli strumenti, che esistono: per esempio l'art. 57 del Regolamento Comunale, per la convocazione di conferenze pubbliche per ragioni di interesse collettivo.
Invita a porre l'attenzione sul fatto che il rischio è che non si facciano ne gare ne concorsi: è scritto, si tratta di una iniziativa privatistica, e in quanto tale svincolata dalle  procedure di appalto pubblico.

Paolo Favole: in positivo vede il tema, di grande etica, per cui sembrerebbe conseguentemente necessario anche il luogo, etico. Ma nei fatti così non è. Vi sono infatti numerosi dubbi su gli incarichi fino ad ora distribuiti: il gruppo di architetti denominato 5+1 per l’inquadramento, la consulta dei 5 architetti, non si sa da chi e se nominati con qualche potere prescrittivo, i cantieri in corso: è necessario un Osservatorio che vigili sullo stato di questi processi.
Favole ha fatto due proposte:
- Che L'Expo non sia Milano-centrica ma territoriale, coinvolgendo altre città come Monza, Como, ecc. o territori aperti come le Groane, il parco Sud ...
- Che i padiglioni siano "etici" come il tema:
ovvero che abbiano una compensazione in alberi da piantumare in Lombardia, calcolati sul consumo dovuto alla loro produzione, e che siano minimalisti, smontabili e reimpiegabili nel terzo mondo dove ce ne fosse bisogno.

Battisti interviene di nuovo, essendo stato citato da Daverio, per parlare della sua petizione dedicata alla Expo diffusa.
Il fatto di aver raccolto già oltre 1.200 firme è lo spunto per chiedere, dopo le elezioni provinciali, una rinegoziazione della formula BIE. Attenzione, già alcuni paesi hanno annunciato che non intendono più sostenere spese come per le Expo tradizionali.

Luca Beltrami Gadola richiama alcune affermazioni della Moratti fatte al convegno organizzato dal Sole 24:
- il luogo lo ha scelto il BIE: come se altri, rispetto a chi ha compilato la candidatura, abbiano compiuto la scelta
- sono state formulate alternative folkloristiche alla proposta del dossier di candidatura: si tratta di una affermazione grave, ’non si può far finta di niente in attesa del gesto clamoroso’.
Il potere è molto cambiato, non è più nella dinamica di contrasto con le opposizioni, il potere è ovunque, è duro: è un atteggiamento autoritario, pervasivo.

Deganello, cofirmatario della petizione con Battisti, fatica ad intervenire, il dibattito senza le istituzioni è inutile. Dal suo, cerca di formulare risposte con gli strumenti che gli sono propri, da progettista, e l’elaborazione prosegue. Ma dove sono le Università? E la stampa non sembra problematizzare il tema.
L’Ordine con queste iniziative ha aperto una via: dovrebbe a questo punto promuovere la discussione dei progetti per Milano. Visto che altre istituzioni latitano, perche non l’Ordine, qui in Triennale?

A chiusura della lunga serata, Mauri, pur non dando ancora alcuna risposta ai numerosi quesiti emersi nel corso del dibattito, propone una ‘casa aperta’ a chi ha idee: dopo le elezioni, si impegna a fare della Provincia un luogo per sviluppare il confronto, che si apre al territorio e soprattutto ai cittadini, con gli strumenti della mediazione fattiva con essi, come avvenuto per la Pedemontana.

Ringraziamenti.

Francesco de Agostini

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