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Siviglia 1992, impulso infrastrutturale e limiti del quartiere fieristico

Dal 23.03.2009 al 23.03.2010

Venerdì 27 marzo 2009, ore 21.15, via Solferino 19, terzo appuntamento per il ciclo Milano 2015. Verso l'Expo e oltre. Dopo Lisbona e Hannover e' la volta di Siviglia

Venerdì 27 marzo 2009, ore 21.15, via Solferino 19, terzo appuntamento per il ciclo Milano 2015. Verso l'Expo e oltre. Dopo Lisbona e Hannover e' la volta di Siviglia.

Siviglia 1992, Impulso infrastrutturale e limiti del quartiere fieristico

Periodo: 20 aprile-12 ottobre 1992

Area espositiva: 215 ettari

Visitatori: 36 milioni

VENERDÌ 27 MARZO 2009, ORE 21.15, VIA SOLFERINO 19

L’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano ha organizzato una serie di incontri con urbanisti, architetti e politici coinvolti a vario titolo nelle scelte urbane e territoriali di alcune città che sono state sede di Expo negli anni passati, affrontando il tema espositivo in modo differente e nelle quali la manifestazione ha prodotto esiti diversi con diverse ricadute di qualità  sul territorio, specialmente a Expo conclusa.

In ogni serata verranno presentate le immagini realizzate per l’occasione da cinque fotografi italiani di architettura e paesaggio. Questa documentazione fotografica ha lo scopo di mostrare la condizione odierna dei quartieri e delle infrastrutture fieristiche, per rappresentare il livello di integrazione, funzionalità e vitalità lasciato dalle Expo. Dopo Lisbona e Hannover la rassegna affronta, nell’ordine, Siviglia e Suisse.


SIVIGLIA 1992, IMPULSO INFRASTRUTTURALE E LIMITI DEL QUARTIERE FIERISTICO

L’esposizione prende le mosse dalla ricorrenza del 5° centenario della scoperta dell’America e coincide con una grande fase di rilancio politico-economico della Spagna, confermato anche dal successo della manifestazione visitata da 36 milioni di spettatori (su una stima iniziale di 25 milioni di presenze).

L’area prescelta è l’isola della Cartuja un grande appezzamento di terreno compreso tra un braccio del Guadalquivir ed un canale artificiale rettilineo scavato negli anni Settanta per regolarizzare il fenomeno non infrequente delle esondazioni del fiume. L’area di 450 ettari, appena al di là del centro storico, sempre storicamente poco accessibile dalla città vera e propria, presenta tuttavia le sue caratteristiche naturali intatte con coltivazioni di arance e di mais inframmezzate da scarse presenze edilizie per lo più agricole. La più rilevante di esse è il complesso conventuale gotico-arabo della Cartuja un edificio del XV-XVI secolo, diventato poi una fabbrica di piastrelle dismessa nel 1982, che l’occasione dell’Expo porterà al completo restauro e al recupero quale Centro Andaluso di Arte Contemporanea.

Nel 1986 viene bandito un concorso ad inviti i cui esiti non riconosceranno la realizzazione a nessuno dei due progetti vincitori (né all’architetto americano-argentino Ambasz né al gruppo spagnolo formato da Fernandez Ordonez e Perez Pita). L’Expo adotterà invece un piano attuativo alternativo disegnato da una Commissione interna all’organizzazione.

Lo schema che ne risulta è una rigida griglia di cuadras espositive che riprendono un modello fieristico dove il principio insediativo segue l’idea di padiglioni tematici definitivi e di padiglioni nazionali e regionali spagnoli per lo più provvisori.

Fatto salvo un accordo generale secondo il quale a manifestazione conclusa sarebbe restato in eredità alla città un grande parco e la preservazione degli edifici isolati o dei piccoli insediamenti, il progetto a lungo termine fu quello di trasformare gran parte dell’area in una città della Scienza e della Tecnica. All’indomani dell’Expo nasce Cartuja 93 una società mista pubblico/privata che affianca al Parco Tecnologico un’area rilevante da destinare a parco di divertimenti (Isla Magica) costruito attorno ad un laghetto interno collegato da un canale scavato a partire dal Guadalquivir.

La costruzione dello Stadio Olimpico nel 1999 per 60.000 posti accentua la vocazione di trasformare l’area in luogo di attrazione, confermando come già nel progetto iniziale fosse implicita l’ambiguità tra la scelta di trasformare il paesaggio naturale in isola urbanizzata e l’adozione di un modello semi-territoriale di Parco.

Oggi attraversata da arterie a scorrimento veloce, l’area del dopo Expo nella Isla de la Cartuja ribadisce la logica del riempimento parziale e progressivo di generici “servizi”, di cui il verde sarebbe l’elemento di completamento.

L’Expo ha acceso i riflettori su Siviglia che riuscì a dotarsi di un complesso di infrastrutture fondamentali di cui la città era priva (eliminazione della ferrovia sul lato fiume del centro storico, creazione di un anello viario attorno al centro storico, nuovi ponti sul Guadalquivir, nuova stazione ferroviaria, collegamento alta velocità con Madrid ) ma relegò il tema del riuso di quest’area esterna/adiacente alla città storica a utile valvola di sfogo in grado di assorbire servizi disomogenei.

ALLA SERATA PARTECIPANO

Gae Aulenti, Progettista del Padiglione Italia

Augusto Cagnardi, Urbanista

Enrique Soler, Direttore FIDAS di Siviglia

MODERA
Giangiacomo Schiavi, Corriere della Sera

FOTOGRAFIE
Claudio Sabatino


A CURA DI MANOLO DE GIORGI, ANDREA KERBAKER, FRANCO RAGGI E DANIELA VOLPI


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